ANGURIE, PUGLIA: STAGIONE IN SALISCENDI TRA CALDO E CALO DELL’EXPORT

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Cala il sipario sulla stagione delle angurie pugliesi. Il bilancio dell’annata 2012, dopo il funesto 2011, è agrodolce perché l’evolversi della raccolta ha subito forti scossoni legati all’andamento del mercato estero. La riduzione delle superfici coltivate ad anguria ha influito positivamente ma solo in parte. Nel settore ortofrutta, infatti, le regole del mercato rimangono incontrollabili.

Per lo più esse sono legate al clima del Paese dove si intende esportare il prodotto. Andiamo con ordine. I coltivatori con pochi ettari, dopo la disastrosa campagna del 2011, con migliaia di quintali di prodotto rimasto a marcire nei campi, hanno ridotto al minimo le coltivazioni con riduzioni fino al 70%. In questo modo è stato possibile gestire al meglio la quantità e la qualità finale del prodotto.

Alla riduzione in ambito locale (si è passati da oltre 1.500 ettari a poco meno di 1.000 nel 2012) si è aggiunto il calo delle esportazioni dalla Grecia, diretta concorrente dell’Italia nella produzione di primizie ortofrutticole. Nella penisola ellenica la contrazione delle piantagioni di angurie, secondo alcune stime, sembra aver superato il 50% rispetto agli anni precedenti. La riduzione complessiva del prodotto immesso nei mercati si è rivelato un fattore positivo nel rapporto prodotto/prezzo ma non è stato sufficiente per salvare la stagione.

La raccolta, nel territorio di Nardò e dei paesi vicini, inizia come ogni anno dalla metà del mese di giugno. Le zone "più calde", solitamente vicino al mare, e le coltivazioni sotto serra riescono ad garantire ottime angurie in tempi molto rapidi. Una piccola fortuna per i produttori. Il mercato nazionale ed internazionale, in quella finestra di tempo, ha garantito buoni risultati di vendita con prezzi che hanno sfiorato i 25 centesimi al chilogrammo. Si è poi registrato un calo verticale delle esportazioni nel centro e nord Europa.

E le cause sono da imputare al clima poco favorevole per un prodotto come l’anguria che trova massima appetibilità con temperature elevate. Il mercato nazionale, come conseguenza diretta, non ha retto l’invasione di angurie provenienti da ogni parte d’Italia (in particolare Puglia, Campania e Lazio) e il prezzo di mercato è crollato tanto da rendere inutile la raccolta di diversi ettari di angurie.

Le temperature africane hanno inoltre accorciato i tempi di maturazione delle piantagioni tardive aumentando, di fatto, la quantità di prodotto pronta per essere raccolta. Il mercato si è poi ripreso a fine agosto ma le produzioni locali erano ormai irrimediabilmente danneggiate per il grande caldo dell’estate.

Le incognite del mercato, legate principalmente alla crisi globale e al meteo, rimangono dunque le uniche condizioni che regolano il settore dell’anguria. Una maggiore attività di coordinamento e promozione del prodotto, con la fattiva partecipazione delle istituzioni, potrebbe attutire imprevedibili (ma possibili) crolli del mercato. (fonte: Porta di Mare)

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