Un’analisi attenta e partecipata dei danni dell’alluvione che ha colpito il settore ortofrutticolo dell’Emilia-Romagna è stata fatta nel corso di una riunione promossa da CSO Italy e coordinata dal presidente Paolo Bruni con gli associati alla presenza dell’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi.
L’Emilia Romagna – è stato sottolineato nella riunione – è la seconda regione produttrice in Italia dopo la Puglia, con oltre 180 mila ettari di ortofrutta. La zona interessata dall’alluvione, in particolare le province di Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna, Rimini e secondariamente Ferrara, è un’area particolarmente vocata. Solo due province, Ravenna e Forlì-Cesena, le più colpite, concorrono con oltre il 30% alla produzione di ortofrutta regionale; se aggiungiamo anche Bologna e Rimini, si arriva ad oltre il 50%. Si stima che nelle zone alluvionate si trovino circa 80 mila ettari coltivati a ortofrutta.
Di risarcimenti, ricostruzione e ripartenza ha parlato l’assessore Mammi, che ha fornito un quadro dettagliato della situazione e delle azioni che Regione, ministero e Unione Europea stanno mettendo in campo per dare supporto economico a tutti i livelli. Due le necessità: nella prima fase risarcire le imprese; nella seconda interventi strutturali per ricostruire territorio, aziende e frutteti. L’impegno dell’assessore è che i fondi (in questa fase: interventi sociali e cassa integrazione, 100 milioni di euro destinati alle aziende, 75 milioni di euro per le tecnologie) siano assegnati velocemente. E’ stata richiesta alle altre Regioni l’attivazione del Fondo di Solidarietà nazionale. Ci sono poi i fondi di emergenza della PAC, 400 milioni di euro a disposizione per crisi ed emergenza destinati direttamente ai produttori, e sempre a livello europeo si può attingere al Fondo di solidarietà per il ripristino delle infrastrutture. L’assessorato attiverà un tavolo regionale congiunto con l’assessorato dell’Ambiente e Pianificazione per comprendere le necessità per la ricostruzione e il miglioramento del territorio.
Dagli interventi degli associati è emersa la necessità, per far ripartire un sistema così duramente colpito, di utilizzare i fondi OCM, come proposto dal consigliere Davide Vernocchi, in attesa di avere risarcimenti, con tutte le modifiche necessarie legate all’emergenza; di ottenere dal mondo bancario finanziamenti veloci e agevolati; di portare avanti delle richieste in maniera unitaria e coordinata; di premere per una messa a punto rapida di un piano di ricostruzione. A CSO Italy è stata richiesta una presenza attiva di coordinamento.
Dall’analisi presentata nel corso della riunione dal direttore di CSO Italy Elisa Macchi, le coltivazioni colpite dall’alluvione rappresentano il 45% circa della superficie ortofrutticola dell’Emilia Romagna. Nell’ambito delle specie orticole non è possibile fare una distinzione per specie, ma il comparto rappresenta nei Comuni alluvionati poco meno di 22 mila ettari, quasi il 30% del totale regionale. La superfice frutticola nei medesimi territori conta oltre 56 mila ettari, pari a più del 50% della consistenza regionale. In ambito frutticolo la specie che risulta maggiormente coinvolta dall’evento è la vite con circa 27 mila ettari, pari al 50% della superficie complessiva della regione, di cui oltre il 60% a Ravenna. La produzione di pesche e nettarine in Emilia Romagna ha una lunga tradizione e per questo si fregia del marchio DOP/IGP e sono proprio i territori alluvionati quelli più tipici per questa coltivazione, tanto che è pari a 7.500 ettari l’estensione della coltura nei Comuni colpiti, oltre il 90% della produzione di tutta la regione. Altre specie particolarmente concentrate in questi territori sono le albicocche con poco meno di 4.500 ettari, quasi il 90% del prodotto regionale e il kiwi con oltre 4.200 ettari, oltre il 95% della regione. Il pero coltivato nelle zone colpite copre una superficie di circa 2.600 ettari, pari a quasi il 20% del totale regionale. In questo caso la minore percentuale in termini di rappresentatività rispetto ad altre specie non deve trarre in inganno. La pericoltura della Regione, che rappresenta quasi il 70% di quella italiana e che quindi concorre quasi unicamente al primato produttivo nazionale in ambito europeo, negli ultimi anni è stata colpita da svariate problematiche, la cimice asiatica, la maculatura bruna, l’influenza del cambiamento climatico, tutte avversità che hanno riguardato in particolare le province di Ferrara e Modena; solo la Romagna si è salvata in questi anni da una crisi produttiva molto profonda e pertanto questi 2.600 ettari coltivati in questa parte della regione rappresentavano prima dell’alluvione, molto di più di ciò che i numeri possono esplicitare per questo prodotto.
Quasi 2.000 ettari infine sono coltivati a melo, 1.100 ettari sono presenti a kaki, quasi il 90% della produzione regionale, 2.000 ettari di olivo, quasi il 60% del dato regionale e 800 ettari di ciliegio quasi il 40% del totale regionale.
Per alcune specie, in particolare, il danno provocato dall’alluvione avrà conseguenza anche sul piano nazionale. L’Emilia Romagna è la prima regione produttrice di albicocche, circa il 30% del totale nazionale. Ne consegue che i territori coinvolti dall’alluvione concorrono a oltre il 25% alla produzione italiana.
Un peso importante è ricoperto in ambito nazionale anche dalle nettarine, dove la Regione rappresenta oltre il 20% del totale, praticamente tutto concentrato nelle aree indicate. L’Emilia Romagna è inoltre la seconda regione produttrice di kiwi, concentrando circa il 20% dell’offerta nazionale e anche in questo caso quasi esclusivamente nelle aree alluvionate. In questo ambito si tenga anche presente la forte specializzazione della Regione su nuove cultivar di kiwi (giallo e rosso) che stanno dettando il successo di questa coltivazione. Le susine in Emilia Romagna costituiscono quasi il 40% del prodotto nazionale, confermando ancora una volta la leadership della regione e di conseguenza quasi il 30% delle susine italiane proviene dai territori alluvionati. Situazione molto simile si presenta per i loti la cui produzione nazionale arriva per quasi il 40% dalle zone alluvionate.
Si ha già dunque un’idea precisa dei danni produttivi, ci vorranno tempi più lunghi per un’analisi precisa delle conseguenze economiche.