ALLARME MANODOPERA, GIADONE: “FORZA LAVORO AI MINIMI. VALORIZZARE LE PROFESSIONALITÀ”

Condividi

Si fa presto a dire sovranità alimentare. Secondo dati della Coldiretti, nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari sono cresciuti nel nostro Paese del 29%. I cambiamenti climatici (con la siccità e le grandinate), l’aumento dei costi di produzione legati all’impennata dei prezzi per energia e carburanti, la mancanza di manodopera sono i tre fattori che hanno rallentato la produzione e costretto l’Italia ad aumentare la sua dipendenza dall’estero per il fabbisogno di frutta e verdura.
Anche nelle regioni del Sud la mancanza di manodopera è uno dei fattori che frenano la produzione.

“Lo scorso anno – rivela, alla Gazzetta del Sud, Roberto Giadone, presidente di Natura Iblea, importante azienda agricola biologica del Ragusano che esporta i suoi prodotti in mezza Europa – non siamo riusciti a raccogliere i prodotti. Quest’anno, non avendo disponibilità di braccianti, siamo stati costretti a ridurre la produzione del 25-30%. Tagliare la produzione vuol dire anche meno lavoro, meno Pil, meno indotto (dai trasporti alle aziende che producono cassette e imballaggi)”, osserva l’imprenditore siciliano, già Protagonista del Corriere Ortofrutticolo, che di recente sul tema era intervenuto anche sul nostro sito web (leggi news).

Roberto Giadone

“Gli immigrati – aggiunge Giadone – rappresentano il 70% della forza lavoro nelle aziende. Oggi ne manca circa il 40%. Gli immigrati che arrivano nelle nostre coste preferiscono andare all’estero attratti da maggiori salari e, soprattutto, da uno stato sociale che li inserisce e li guida nella nuova nazione d’arrivo. Ecco il vero problema. Bisogna aumentare i decreti flussi rendendoli attuali e passare dalle circa 70mila unità del 2021 alle 200mila del 2014. Le maglie della legge italiana sui flussi migratori si sono strette per ragioni politiche di parte, e questo sta creando un vero problema alle aziende. Non si può rilanciare l’economia italiana basata molto sull’agroalimentare senza avere una buona disponibilità di manodopera. Ma bisogna anche finanziare ed organizzare delle strutture governative che integrino e diano supporto agli emigranti per non rendere un calvario trovare una casa in affitto per un operaio di colore o rinnovare un permesso di soggiorno a chi non parla bene l’italiano”.
La mancanza di manodopera italiana ha invece altre radici. La “concorrenza” del reddito di cittadinanza è reale ma spiega solo in modo parziale la realtà. “No, non è questo il vero problema – incalza il presidente di Natura Iblea. Anche se si aggiunge agli altri. Avevamo dato la disponibilità all’Ufficio del lavoro per 42 braccianti. Dei tre che sisono presentati, due non erano idonei al lavoro e il terzo non ha neanche iniziato. La risposta penso che si debba però ricercare nella mancanza di attrattività dell’attività agricola. Quale giovane italiano vorrebbe avere come aspirazione lavorativa quella di diventare un bracciante agricolo? Nessuno. Ma nel contempo mancano anche figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori. Questo è dovuto alle scelte scolastiche che sono influenzate da obiettivi di alto livello ed universitari (cosa giusta e buona) fatte anche da studenti che non hanno peculiarità ed attitudine allo studio (cosa molto errata). Bisognerebbe che le famiglie ed i ragazzi si dessero degli obiettivi raggiungibili e con percorsi scolatici che hanno degli sbocchi occupazionali sicuri. Noi imprenditori dobbiamo poi imparare a valorizzare e remunerare nel modo adeguato queste professionalità. In agricoltura è tutto più precario. Dobbiamo smontare questo sistema in agricoltura ed adeguarci astandard, benefit e status lavorativi più alti”.

E ad auspicare questo salto di qualità dal punto di vista sociale è il rappresentante dell’azienda che si è aggiudicata anche nel 2021 il premio “Welfare Index Pmi” per la sezione agricoltura. Si tratta del rapporto sullo stato del welfare nelle piccole e medie imprese italiane che gode del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutto questo non basta però a colmare la necessità di manodopera che si avverte soprattutto in un settore, come quello del biologico, dove non ci si può affidare a metodi di coltivazione più adatti a un’agricoltura intensiva. Si tratta di produzioni pregiate, molto ricercate soprattutto sui mercati internazionali. “La nostra azienda sorge a pochissima distanza dal porto di Pozzallo dove vediamo sbarcare migliaia di giovani che attraversano il deserto e il mare per lavorare. Ma non da noi. Appena ottengono i documenti, vanno tutti via”.

Per ridare forza alle nostre produzioni agricole occorre allora riallargare i margini del decreto flussi (la manodopera straniera tra l’altro non trova collocazione solo nelle campagne) ed è facile intuire come l’immigrazione irregolare finisca solo con il favorire il caporalato ed altre forme di sfruttamento. Potrebbe essere il primo passo per puntare a quella sovranità alimentare cui punta il nuovo governo. “Se con sovranità alimentare intendiamo la valorizzazione delle nostre produzioni non si può che concordare, ma – conclude Giadone – se tutti i Paesi puntassero sulla sovranità alimentare per un’impresa come la nostra che esporta il 70-80% della produzione in Germania, Svizzera, Danimarca e Norvegia sarebbe la rovina”.

(fonte: La Gazzetta del Sud)

Sfoglia ora l'Annuario 2024 di Protagonisti dell'ortofrutta italiana

Sfoglia ora l'ultimo numero della rivista!

Join us for

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER QUOTIDIANA PER ESSERE AGGIORNATO OGNI GIORNO SULLE NOTIZIE DI SETTORE