CENZUALES (TERREMERSE): “PUNTIAMO AD AMPLIARE LA QUOTA DEL BIO”

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Sono tra le realtà più dinamiche del comparto ortofrutticolo; entità che hanno fatto della parola “aggregazione” un vero leit motiv dando vita ad una rete di sistema all’avanguardia. Stiamo parlando di Terremese e Apofruit, le due cooperative romagnole che grazie al progetto di specializzazione annunciato nelle scorse settimane integreranno in un’unica gestione l’intera produzione ortofrutticola.

Come spiegato nell’articolo pubblicato dalla nostra testata (leggi news), Apofruit diventerà il braccio operativo del fresco mentre l’O.P Pempacorer – di cui Terremerse è socia – quello del prodotto industriale. Per capire meglio quale sarà il ruolo di Pempacorer-Terremerse il Corriere Ortofrutticolo ha chiesto a Alessandro Cenzuales (nella foto), direttore della filiera ortofrutticola della cooperativa ravennate, qualche dettaglio in più.

Dal punto di vista di Terremerse come viene vissuto l’accordo di aggregazione con la cesenate Apofruit?

“Come sapete attraverso questo accordo il raccolto dei nostri soci destinato al fresco verrà convogliato ad Apofruit. Ciò non toglie che tutti i prodotti attualmente in portafoglio Terremerse rimarranno in essere. Anzi, poiché esistono segmenti di mercato in cui né noi né Apofruit siamo presenti, sarà strategicamente importante continuare ad offrire un certo servizio ai nostri soci creando alternative più remunerative e cercando di qualificare la produzione. In questa direzione vanno i progetti melograno e noce. Il primo è già avviato: il nostro prodotto è commercializzato proprio in questi giorni con i marchi Solarelli e Almaverde bio. Il noce, invece, nonostante rappresenti un’alternativa più accessibile ai soci dell’area settentrionale dal punto di vista dell’adattamento pedoclimatico, presenta qualche difficoltà in termini di gestione degli impianti. In tal senso Terremerse è come sempre al fianco dei produttori per un supporto agronomico e di consulenza finanziaria”.

 

E per Terremerse cosa cambierà dal punto di vista della gestione organizzativa?

L’O.P Pempacorer diventerà l’entità guida per tutto ciò che riguarda il prodotto industriale, sia per le orticole sia per la frutta. La nostra funzione principale sarà dunque veicolare i conferimenti dei soci delle cooperative dal campo all’industria, sia per quanto riguarda il prodotto frutticolo sia per le orticole e il pomodoro. Il nostro lavoro sarà suddiviso tra la gestione del prodotto programmato e la gestione dei prodotti che lungo il processo del fresco si rivelano qualitativamente non idonei alla vendita e dunque declassati alla trasformazione. È un cambiamento radicale per noi che prevede il ripensamento del nostro modello d’impresa. Finora infatti il prodotto destinato alla lavorazione industriale non rappresentava certo il core business per l’O.P Pempacorer ma da oggi diventerà il nostro focus”.

 

Avendo virato il vostro focus, quali sono le novità e/o i nuovi progetti in questa direzione?

L’idea principale è ampliare la quota di prodotto biologico proposto. Il bio è un settore in continua crescita, la domanda è elevata e in molti casi (l’ortofrutta lavorata è uno di questi) l’offerta non è sufficientemente adeguata. Basti pensare che i terreni convertiti a bio hanno un tasso di crescita della metà rispetto a quello relativo all’incremento della domanda. L’intenzione è dunque agire sui soci produttori per riuscire ad aggregare un’offerta più ampia di prodotto biologico. Per noi essere multi-filiera rappresenta in questo caso un enorme vantaggio. Dobbiamo solo essere bravi ad allineare la crescente domanda ad un’offerta ancora sbilanciata sul prodotto tradizionale”.

Chiara Brandi

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