UVA DA TAVOLA, GIULIANO: “AL SETTORE SERVE UNO COME GRANATA”

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Il settore dell’uva da tavola deve scuotersi. Bene aggregazioni o campagne di comunicazione ma al comparto serve una spinta ancora più decisa, che può darla un “solo uomo al comando”. A sostenerlo è Nicola Giuliano (nella foto), a capo della Giuliano Puglia Fruit di Rutigliano (Bari).

“Tutte operazioni a sostegno dell’uva da tavola fanno bene al comparto – commenta Nicola Giuliano dell’omonima azienda barese. “Ma per dare una vera svolta al settore e tentare di renderlo più unito forse servirebbe un Luca Granata dell’uva. Serve un progetto unico, vero, alla cui guida ci sia un personaggio carismatico. Un trascinatore in grado di tracciare la via da seguire”. A scanso di equivoci Giuliano si autoesclude da una possibile autocandidatura. “Servirebbe una persona non coinvolta direttamente nel comparto. Un “esterno” che crei una cabina di regia. Ma serve un progetto vero, distintivo. Se alla base non c’è questo non si riuscirà mai a creare qualcosa che funziona veramente. Piani ideati ad hoc solo per incamerare contributi pubblici sono fine a se stessi”.

 

"ANNATA ECCEZIONALE PER QUALITÀ MA REDDITI INSUFFICIENTI PER LE RESE TROPPO BASSE"

 

L’imprenditore pugliese ritorna poi sull’annata dell’uva da tavola. Una qualità così non la si ricordava da tempo. Acini regolari, problemi di spaccature praticamente assenti – a parte qualche problematica sulla varietà Italia in alcuni areali di produzione – grado brix elevatissimo. Il merito va soprattutto al clima – caldo e secco – di quest’estate che per una volta ha dato una mano ai produttori. Dal punto di vista produttivo insomma è opinione comune che si stia profilando una stagione al top. I conti però non tornano fino in fondo se si analizzano anche i profitti reali delle aziende. I prezzi non sono stati soddisfacenti o comunque non sufficienti, nonostante i volumi quest’anno siano scarsi. E anche quando le quotazioni hanno retto, i redditi ne hanno comunque risentito.

Giuliano, a capo di una delle principali imprese del settore a livello nazionale capace di commercializzare 30 mila tonnellate di uva (esportandone il 50%), 5 mila tons di drupacee e 4 mila tons di ciliegie (+30% sul 2014), cerca di analizzare nel dettaglio la strana situazione che si è creata quest’anno. “Il livello qualitativo è eccellente, su ogni tipologia di uva. Non si discute”, afferma l’imprenditore pugliese, che non imputa le difficili condizioni del mercato nemmeno alle quotazioni. “Anche i prezzi sono buoni”, sostiene.

“Siamo nell’ordine di un +20% rispetto alla media. Il vero problema sono le rese per ettaro, che quest’anno sono davvero molto basse. Pertanto in sostanza il reddito finale delle aziende è per assurdo inferiore rispetto alle altre annate”. Secondo il manager barese le principali cause di rese così basse, inferiori anche del 30-50% rispetto alla norma, sono dovute principalmente alla negativa annata del 2014, durante la quale le coltivazioni sono state attaccate dalla peronospora e influenzata negativamente dal maltempo. “È davvero un peccato. Poteva essere una stagione eccezionale quella di quest’anno”, commenta deluso Giuliano. “Il morale dei produttori è piuttosto basso, a causa proprio delle rese del tutto insufficienti”.

Secondo l’imprenditore della Giuliano Puglia Fruit, tuttavia, le ottime condizioni produttive registrate quest’anno condizioneranno, stavolta in positivo, la prossima stagione. “Stiamo già avendo i primi segnali che per il 2016 la fertilità dei terreni e delle piante sarà buona. Se anche l’anno prossimo il clima ci assisterà potremmo avere tutte le condizioni per registrare una grande annata”. Per quanto riguarda i mercati esteri la risposta rimane piuttosto positiva, nonostante l’embargo russo abbia giocoforza influenzato gli scambi commerciali. “Ma è come con i vasi comunicanti – spiega Giuliano- “Chiuso un mercato se ne apre un altro. Certo, se si sblocca la Russia cambia la musica, ma anche in queste condizioni le possibilità non mancano. Il mercato rimane in equilibrio”.

Buone inoltre le performances anche su mercati del Middle East, a partire dall’Arabia, dell’Estremo Oriente, come l’India, del Nord Africa, fino al Sud America, Brasile e Argentina in testa. Un trend in crescita, specie per le uve rosse, le più adatte a sopportare i lunghi viaggi, e in parte anche l’uva Vittoria.

A livello varietale Giuliano afferma che “il settore si sta muovendo molto con diverse novità. C’è fermento”. L’ascesa dell’uva apirene intanto continua: secondo le previsioni dell’imprenditore nel 2016 il prodotto seedless potrà raggiungere una quota del 35% e fra cinque anni forse il 50%. “Come ripeto da diverso tempo – sottolinea Giuliano – sarà però fondamentale non esagerare con gli investimenti sull’uva senza semi. C’è un reale rischio boomerang. La seedless è presente ormai in ogni mercato. Per il comparto italiano mantenere l’uva con il seme potrà essere un valore aggiunto, un segno di distintività, di peculiarità che altri competitors non hanno”.

Emanuele Zanini

 

Sul numero del Corriere Ortofrutticolo, in distribuzione al Macfrut, focus speciale sull’uva da tavola

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