REPUBBLICA DENUNCIA LE TRUFFE NEL BIOLOGICO SICILIANO, REPLICA DI FEDERBIO

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Limoni provenienti dall’Argentina, arance dal Marocco, carciofi dall’Egitto, tutti spacciati per prodotti biologici “made in Sicily”, come il pistacchio di Bronte, in arrivo invece dall’Iran. È quanto si sostiene in un’inchiesta di Repubblica in cui si denunciano le truffe nel mondo del “bio” siciliano, che ogni anno in Italia fattura 500 milioni di euro.

 

Con 8.311 operatori biologici, su un totale nazionale di 47.663, con una superficie di 226 mila ettari coltivata secondo questo metodo, la Sicilia è la regione leader delle aziende agricole biologiche, seguita da Calabria e Puglia mentre al Nord, specie Emilia-Romagna e Lombardia, si concentrano le imprese di trasformazione.

Ma come si orchestra una truffa bio? E come si falsificano gli alimenti? “I trucchi – si legge nell’inchiesta del quotidiano – si fanno al chilo e cominciano dalla terra. "A volte i coltivatori dichiarano di produrre 50 chilogrammi di ortaggi per ogni metro quadrato in un terreno che ha invece una capacità produttiva di 10 chilogrammi – spiegano i Nas di Ragusa – I restanti 40 chili arrivano dai campi ad agricoltura convenzionale, spesso coltivati con l’utilizzo di pesticidi e senza alcuna garanzia biologica. Una truffa questa che riscontriamo nel 90% dei casi. Il più delle volte i terreni "convenzionali" distano pochi chilometri dalla ditta bio. Ma non è raro imbattersi in aziende che importano i falsi biologici dall’altra parte dell’oceano". Come i limoni argentini esportati in Sicilia. Un’operazione condotta lo scorso novembre dai Nas a Cassibile ha portato al sequestro di più di 130 tonnellate di limoni per un valore complessivo di 300 mila euro. Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nella ditta, gli operai erano intenti ad applicare l’etichetta "prodotto biologico" su centinaia di cassette di agrumi argentini con destinazione Italia e Europa del nord”. Leggi qui l’articolo completo.

 

All’articolo c’è stata l’immediata replica del presidente di Federbio (Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica) Paolo Carnemolla (nella foto; non Fabio come erroneamente scritto nell’articolo di Repubblica, ndr) che in una lettera inviata a Repubblica scrive di aver “visionato con progressivo sconcerto e rabbia quanto riportato nel sito del quotidiano con il titolo " il business del falso bio", ovvero una serie di inserti con titoli ancora più sconcertanti nei quali, a episodi e fatti riferiti che riguardano esclusivamente il territorio siciliano e alcune specifiche inchieste o realtà, si affiancano fatti gravissimi, come furti, racket, mafia e persino abigeato e incendi dolosi con i quali il biologico siciliano e quello italiano nel suo insieme non hanno nulla a che vedere”. “I fatti di cui ci si riferisce nei testi sono legati esclusivamente alla Sicilia e riguardano specifiche realtà già oggetto di indagine e anche di sentenze da parte della Magistratura”, sottolinea Carnemolla. Nel caso del sequestro dei limoni nello stabilimento di Cassibile la Magistratura competente ha già sentenziato il non luogo a procedere e il dissequestro della merce dopo una consulenza tecnico legale, che ha smentito l’ipotesi di frode; mentre l’altra inchiesta citata ha riguardato un gruppo ristretto di aziende e professionisti che non possono essere identificati con l’intero settore bio né siciliano e ancora meno italiano”. Leggi qui il testo completo della lettera di Carnemolla

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