INTERPOMA DIGITALE E LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITÀ. IL BILANCIO DI DICHGANS

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Si è appena conclusa la prima edizione digitale di Interpoma 2020 che ha focalizzato il suo congresso, l’evento centrale, sul tema della sostenibilità ambientale. Obiettivi verso cui i melicoltori dell’Alto Adige e del Trentino hanno decisamente orientato le proprie produzioni, non senza importanti sforzi economici e di innovazione, per allinearsi agli obiettivi del Green Deal europeo.

Ne abbiamo parlato con Gerhard Dichgans (nella foto), coordinatore di Interpoma Congress al doppio debutto nel ruolo di curatore della sua prima versione digitale, in un’intervista escusiva per il Corriere Ortofrutticolo.

Qual è bilancio di questa prima esperienza virtuale di Interpoma?

“Non può che essere positivo – afferma Dichgans – Sono soddisfatto ed i numeri lo dimostrano: Abbiamo avuto 550 registrazioni con persone connesse da oltre 24 Paesi. Questo ci ha fatto capire come, con la versione digitale, siamo riusciti ad ampliare la platea dei partecipanti anche a player che, per distanza geografica, normalmente non riuscivano ad intervenire alla fiera di Bolzano”.

Il congresso di Interpoma è stato condotto all’insegna degli obiettivi di sostenibilità che oggi sono un obiettivo per la legislazione europea il cui fil rouge è il New Green Deal che prenderà forma anche, e soprattutto, attraverso la PAC.

Come si prepara il settore melicolo dell’Alto Adige e del Trentino ad affrontare queste sfide?

“Sono stati presentati, proprio in occasione di Interpoma, due progetti. Uno sullo sviluppo sostenibile del settore melicolo e poi uno più ampio, presentato dall’assessore all’agricoltura dell’Alto Adige, che rappresenta il quadro dentro il quale tutte le azioni agricole territoriali future andranno ad ascriversi, che è quello della biodiversità. Quest’ultimo progetto è stato messo in campo dalla provincia autonoma di Bolzano. Sono due iniziative che ci dimostrano che nei prossimi 5 anni ci sarà molto da fare nella nostra frutticoltura, proprio alla luce degli obiettivi europei”.

Considerati gli ingenti sforzi richiesti ai produttori, questi obiettivi che sono sostenibili per l’ambiente, lo sono anche economicamente?

“Penso che l’obiettivo dell’abbattimento dei prodotti di sintesi sia non solo ambizioso, ma forse addirittura irrealistico. Quello che si fa oggi è già all’avanguardia. Dalle migliaia di analisi effettuate, i residui trovati sulle nostre mele sono lontani dai limiti massimi ammessi dalla legge e sfiorano in gran parte il limite di rilevabilità, consentito dallo stato dell’arte della tecnologia, ossia 0,01 ppm. Chiedere di più significa mettere a rischio la produzione ed il raccolto”.

Eppure, tra i vostri relatori, Alain Vialaret, ex direttore generale del gruppo Blue Whale e principale fautore del progetto di Collectif Nouveaux Champs, ha presentato la sua iniziativa ‘zero residui’ che sembra dimostrare che l’obiettivo sia possibile.

“In realtà il titolo del suo intervento ‘Zero residui, è possibile?’ si conclude con un punto di domanda. Il punto interrogativo è giustificato dal fatto che dietro questo progetto permangono ancora tanti interrogativi e tante cose poco chiarite. Di certo non può essere una strategia per un intero settore perché eleva all’ennesima potenza i rischi produttivi. Tenga presente che nei primi due anni di attività del Consorzio Nouveaux Champs, circa il 50% delle aziende partecipanti volontariamente, sono state declassate dai certificatori e di quel 50% rimanente, molti non hanno raggiunto la qualità e i calibri richiesti dal mercato. Ho molte perplessità sul fatto che questo sia un percorso sostenibile. L’avvicinamento agli obiettivi del Green Deal dovrà essere accompagnato da costanti valutazioni di impatto per verificare che l’equilibrio economico delle imprese non venga compromesso.”

C’è anche l’obiettivo della produzione biologica, al 25% entro il 2030…

“Certamente si può sviluppare, ma l’Alto Adige non si deve fare tirare le orecchie perché ci stiamo già avvicinando a quota 15% delle superfici. Certo è che il biologico riduce la produzione per ettaro del 20-25% ma, e dobbiamo analizzare se il mercato potrà assorbire questi maggiori volumi a un livello di prezzi sostenibili.

Quali sono le direttrici per il settore che considera maggiormente praticabili per arrivare ad una impronta carbonica neutrale, alla luce di quanto emerso dal congresso?

“Nella relazione del Prof. Tagliavini della Università di Bolzano, è emerso un dato importante, ossia che il ciclo produttivo delle mele è CO2 neutrale. Tanti altri settori produttivi non possono dire la stessa cosa. Il passo ulteriore adesso è quello di abbattere le emissioni nella fase di post raccolta con lo sviluppo di fonti di energia pulita.”

Mariangela Latella

 

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