Durante Fruit Logistica Frutti Felici, azienda agricola di Velletri (Roma) specializzata nella produzione e commercializzazione di kiwi, ha voluto incontrare in una cena esclusiva alcuni dei suoi più importanti clienti internazionali, provenienti da ogni parte del mondo, tra cui Stati Uniti, Kazakistan, Lituania.
Alla serata hanno partecipato anche diverse testate giornalistiche tra cui, unica per l’Italia, il Corriere Ortofrutticolo. Frutti Felici, fondata nel 1973 da Antonio Felici e sviluppatasi tra i Castelli Romani e l’Agro Pontino, è in grado di lavorare ogni anno fino a 12 mila tonnellate di prodotto. L’azienda possiede 300 ettari di coltivazioni di kiwi Hayward e Greenlight. L’impresa capitolina punta tutto sull’export, che rappresenta il 100% del venduto, dall’Europa all’Oltremare.
“Il nostro primo mercato sono gli Stati Uniti – spiega Gianluca De Felice (nella foto al centro assieme ad alcuni clienti invitati alla cena), direttore commerciale dell’azienda – ma siamo presenti in diversi mercati. Ci siamo spinti fino all’Australia dove abbiamo iniziato recentemente i primi invii di prodotto, riscontrando una buona risposta. Puntiamo a prodotti di qualità e a mercati di nicchia, spingendoci dove di solito le altre imprese non vanno”.
Per la lavorazione del prodotto Frutti Felici può contare su uno stabilimento di 12 mila metri quadrati con 50 mila metri cubi di spazi dedicati allo stoccaggio refrigerato.
“Il prossimo anno – rivela De Felice – sempre a Velletri realizzeremo un altro magazzino con cui saremo in grado di lavorare ogni anno altre 6 mila tonnellate di kiwi".
La ditta romana possiede inoltre una società argentina di 50 ettari in cui coltiva prevalentemente ortaggi in contro stagione come asparagi, cavoli e cavoletti di Bruxelles. “Ma anche sugli appezzamenti argentini prossimamente coltiveremo kiwi”.
Frutti Felici inoltre sta progressivamente convertendosi alla produzione biologica. “Dall’anno prossimo – annuncia De Felice – partirà la prima produzione di kiwi biologico con le prime mille tonnellate”.
Emanuele Zanini
