In dirittura di arrivo la revisione il protocollo Spagna-Giappone per il via libera dell’esportazione di agrumi. Pur essendo già operativo per l’abbattimento delle barriere fitosanitarie, l’accordo bilaterale comporta ancora costi troppo alti, soprattutto legati alla gestione della catena del freddo, che devono essere rivisti per non rendere l’export troppo arduo.
È quanto è emerso nel corso dell’appuntamento del World Fresh Forum di Fruit Attraction che stamattina è stato dedicato al commercio con l’impero del Sol Levante.
“Tra i negoziati in corso di approvazione per i quali attendiamo delle risposte da parte dei funzionari giapponesi – ha spiegato Emilio Garcia Muro, direttore generale per gli accordi alle frontiere del ministero dell’Agricoltura – c’è, in coda, quello sul cachi e, a seguire, quello sul pomodoro. Accordi importanti se si considera che, nel 2020, la Spagna ha consoidato la sua posizione di secondo fornitore agricolo europeo anche grazie all’accordo appena concluso sulla carne”.
Il problema dell’apertura del mercato giapponese, che nonostante l’accordo di libero scambio con l’Unione europea, che è servito solo ad abbattere i dazi, è che resta ancora precluso all’esport delle nostre produzioni di ortofrutta fresca a causa delle barriere fitosanitarie. Una questione analoga con la Cina dove l’Europa non ha ancora chiuso un accordo di libero scambio e dove i Paesi devono negoziare di volta in volta accordi bilaterali.
“Il Giappone – ha precisato Muro – affronta un accordo bilaterale alla volta ed un Paese per volta. Questo perché, tende a concentrare le importazioni di un dato prodotto, dallo stesso Paese”.
Ad esempio, l’85% delle importazioni di banane e il 90% di quelle di ananas, provengono dalle Filippine; il 90% dei kiwi provengono dalla Nuova Zelanda, l’80% degli avocado dal Messico e così via dicendo.
Il Paese asiatico non ha un’autosufficienza alimentare ed è costretto ad importare la metà dei prodotti che vengono consumati nel Paese.
“Il consumatore giapponese – ha precisato Fernando Hernandez consulente economico e commerciale della Spagna a Tokio per conto di Icex – è molto esigente ed attento, non solo alla qualità dei prodotti ma anche alla loro presentazione. Scordatevi poi accordi a breve termine perché gli accordi con i buyer e gli importatori giapponesi sono sempre a lungo termine”.
Tra le eccellenze spagnole ormai importate in Giappone da circa dieci anni, c’è l’aglio di cui il Paese iberico è il primo fornitore al mondo.
“In particolare, dalla Spagna, importiamo l’ajo morado de las pedroneras – ha detto Takao Kino presidente dell’omonima azienda importatrice – che è l’unico che soddisfa gli standard di qualità garantiti dall’aglio nostrano, denominato Aomori, e venduto a 250 yen a pezzo. Il vantaggio dell’aglio spagnolo è che è più accessibile, in termini di prezzo, a tutte le fasce della popolazione. Sul mercato, è presente anche l’aglio cinese che ha un prezzo molto basso, tuttavia dopo lo scandalo alimentare del 2008 che ha comportato l’avvelenamento di alcune persone rimaste intossicate dall’uso di pesticidi da parte dei produttori cinesi, viene visto con minor favore dai consumatori dell’impero insulare asiatico”.
Mariangela Latella