Una startup fondata da un giovane imprenditore ex bocconiano e dalle nobili origini. Un business a chilometro zero con frutta e ortaggi coltivati a 15 chilometri dal Duomo e venduti nei quartieri del centro città con le Apecar. Un progetto, quello ideato dal trentunenne Guglielmo Stagno d’Alcontres, vincitore dell’Oscar Green di Coldiretti nel 2013 e nel 2014 e più volte preso ad esempio per il suo impegno per l’ambiente. Ma la StraBerry di Cassina de’ Pecchi, che vale 7 milioni e mezzo di euro, adesso è finita sotto sequestro per sfruttamento della manodopera. Un centinaio gli immigrati che lavoravano senza tutele, per più di nove ore al giorno e pagati 4,5 euro l’ora.
A far scattare le indagini sono stati i finanzieri della compagnia di Gorgonzola, guidati dal capitano Giacomo Cucurachi, che a maggio hanno avviato una serie di controlli di routine sui lavoratori assunti nelle banche dati Inps. Dalle prime analisi è emerso “un flusso anomalo” di lavoratori assunti dalla StraBerry solo per pochissimi giorni. Approfondendo i controlli le Fiamme gialle hanno scoperto che l’azienda spesso “assumeva” giovani immigrati facendoli lavorare a contratto solo per non più di due giorni. Poi interrompeva il rapporto. In questo modo aggirava le norme in caso di controlli e dall’altro lato evitava di pagare le prestazioni lavorative. Ma i finanzieri hanno scoperto che almeno un centinaio di migranti lavoravano per l’azienda agricola di Cassina de’ Pecchi per molte ore al giorno e con paghe ben al di sotto dei minimi retributivi. Per questo il pm Gianfranco Gallo ha disposto il sequestro urgente dell’azienda (già convalidato dal gip) e indagato sette persone per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Tra i denunciati ci sono anche i due amministratori della StraBerry, due “sorveglianti della manodopera”, un consulente del lavoro addetto alle buste paga e due dipendenti amministrative. Gli immigrati venivano “reclutati” con il passaparola nei centri di accoglienza ai migranti. E ai lavoratori non sono mai state fornite mascherine e altre protezioni nemmeno durante le settimane più dure dell’emergenza covid.
“Avevamo avuto diversi contatti con i lavoratori di quell’azienda — ricorda Giorgia Sanguinetti, segretaria della Flai Cgil di Milano — che lamentavano anomalie nella gestione degli orari di lavoro, scarsa trasparenza nelle buste paga e soprattutto atteggiamenti vessatori da parte dei loro referenti in azienda. In modo particolare pressioni fortissime per aumentare le vendite e controlli oppressivi”. E invece adesso sono emerse irregolarità proprio nel segmento di attività tradizionale, quella nei campi: “Purtroppo, anche se sono vicende che siamo abituati ad associare ad altre latitudini, non possiamo meravigliarci — aggiunge la sindacalista — perché abbiamo intercettato tante situazioni di “lavoro grigio”. Ma anche se i lavoratori esprimono una forte domanda di assistenza sindacale, ci scontriamo con una forte reticenza e paura nel raccontare le loro situazioni. Ci sono meno occasioni di lavoro e i datori che ricorrono all’illegalità hanno affinato le tecniche”.
(fonte: Corriere della Sera)