ESSELUNGA, LA LITE IN FAMIGLIA CONTINUA: I FIGLI DI CAPROTTI RICORRONO IN CASSAZIONE CONTRO IL PADRE

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I figli di Caprotti non ci stanno e fanno ricorso in Cassazione nell’ambito del giudizio di arbitrato sulla proprietà delle azioni Esselunga. Dopo la vittoria in appello del padre Bernardo (nella foto), patron della catena distributiva, i figli Violetta e Giuseppe, secondo quanto riporta l’Ansa citando da fonti giudiziarie, avrebbero depositato un ricorso in Cassazione.

La saga familiare che riguarda di fatto la successione del gruppo della grande distribuzione si fa sempre più lunga e ricca di ostacoli. Più volte Esselunga è stata indicata oggetto di possibili acquisizioni da parte di altri operatori del settore ma di certo la presenza di un giudizio d’arbitrato e di una causa civile rendono sempre più difficile l’eventuale vendita dell’azienda.

Al centro dell’impugnazione, viene spiegato dalle stesse fonti, ci sarebbe una serie di difetti di diritto del lodo, non rilevati dalla Corte d’appello di Milano. Alla squadra di difesa dei figli si è aggiunto anche il professor Enzo Roppo. Al momento non è stata ancora fissata la data dell’udienza, che però potrebbe tenersi addirittura tra tre o quattro anni. Intanto, le parti restano in attesa di conoscere l’esito della causa civile promossa dai figli e depositata al Tribunale civile di Milano. Anche qui oggetto del contendere è il possesso delle azioni, che il padre Bernardo aveva ripreso dai figli nel 2011. Anche all’esito di questo procedimento, con ogni probabilità, seguiranno un ricorso in appello e un altro in Cassazione.

L’oggetto della lite familiare che va avanti dal 2011 verte sulla titolarità di un pacchetto pari a due terzi del colosso della grande distribuzione da circa 7 miliardi di fatturato. I figli sostengono che quel 66% delle azioni di Supermarkets Italiani il padre gliele ha "date e poi se l’è riprese", Bernardo parla invece di "assegnazione" e di un ripensamento "previsto dal contratto e fatto per il bene dell’azienda". Il lodo arbitrale, la sentenza di primo grado e l’appello, hanno dato ragione al fondatore del gruppo. (fonte: La Repubblica)

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