Riguardo l’emergenza coronavirus Gianluca Cornelio Meglio (nella foto), direttore del CAAT, centro agroalimentare di Torino, interviene con un ampio commento sulla situazione che si è creata, ricordando tra l’altro come il calo delle presenze imponga una riflessione sul ruolo e sulla riorganizzazione del Mercati all’ingrosso. Qui di seguito riportiamo l’intervento.
I Centri Agroalimentari italiani rappresentano l’evoluzione dei vecchi Mercati Generali, in quanto, come questi ultimi, continuano a fungere da anello di congiunzione tra la produzione e la distribuzione, garantendo l’approvvigionamento di prodotti agroalimentari nell’ambito delle aree territoriali di riferimento, ma in più hanno aggiunto la commercializzazione di variegate gamme merceologiche e la prestazione di numerosi nuovi servizi.
Il Centro agroalimentare di Torino, noto anche con l’acronimo CAAT, al suo interno annovera 84 operatori all’ingrosso, oltre 120 aziende di produzione, numerose attività di servizi e, anche in un periodo di grave emergenza come quello che stiamo attraversando, continua a garantire la propria operatività, oggi più che mai d’interesse generale. Ciò avviene grazie alla dedizione e al radicato senso di responsabilità degli operatori e di quanti ogni notte rendono possibili le operazioni di movimentazione e commercializzazione delle merci. Ciascuno, nell’ambito delle proprie competenze e in virtù degli obblighi vigenti, ha adottato misure idonee a ridurre il rischio di contagio, contrastando gli assembramenti e mantenendo un ambiente sicuro al transito dei prodotti che giornalmente giungono sulle nostre tavole. A questo si aggiunge l’azione dell’ente gestore che ha predisposto un piano di interventi settimanali di igienizzazione e sanificazione profonda e la donazione di mascherine filtranti ad uso civile in favore dell’associazione dei grossisti e della categoria dei movimentatori.
Nonostante le misure intraprese, in questi giorni registriamo un calo delle presenze quotidiane all’interno del Centro, che sono riconducibili, in prima battuta, alle limitazioni dei Mercati rionali assunte dai Comuni. Sebbene alcuni Centri Agroalimentari sostengano di registrare dati incoraggianti in materia di scambi commerciali, frutto di una nuova domanda spinta in prevalenza dalla distribuzione organizzata, e nonostante questo trend trovi conferma da parte di alcuni operatori del CAAT, il drastico calo delle presenze quotidiane impone una riflessione. E’ evidente che i Centri Agroalimentari continuino a rivolgersi prevalentemente alla categoria dell’ambulantato; non appena quest’anello della filiera è entrato in crisi, i riflessi si sono immediatamente trasferiti nell’ambito dei Centri, mettendone a nudo le proprie fragilità. Non è forse il momento di una valutazione congiunta tra tutte le anime che ruotano all’interno dei Centri Agroalimentari, per ripensarne ruolo ed organizzazione?
Nella delicata ed inedita situazione in cui si troverà il nostro Paese una volta cessata questa emergenza, i Centri Agroalimentari, anche in virtù del ruolo ricoperto all’interno della filiera, dovrebbero assurgere ad ambasciatori della produzione nazionale, garantendo trasparenza nella formazione dei prezzi, anche a tutela delle produzioni territoriali, contrastando a livello sistemico pratiche commerciali che in passato hanno concorso ad offuscare, in alcuni casi, l’immagine della categoria dei Grossisti.
Andrebbe anche fatta una valutazione sull’attuale modello di funzionamento e sugli orari dei Centri Agroalimentari italiani, che, fatto salvo quello di Roma, operano prevalentemente in orari notturni. Per esempio, il Centro di Torino apre le contrattazioni alle 3,30 della notte per chiuderle alle 10,30 del mattino. Eppure negli ultimi anni abbiamo assistito ad un rapido cambiamento nel sistema di approvvigionamento, che passa dalla modifica dei nuclei familiari e dei relativi consumi. Nonostante siano travolti da queste trasformazioni, i diversi attori, che alimentano i Mercati, continuano a rimanere sordi al cambiamento, restando ancorati ad un retaggio culturale che risponde ad un ciclo economico e distributivo profondamente mutato.
Ed ecco allora la grande opportunità che ci viene offerta oggi, pur nella drammaticità per il gravoso prezzo che stiamo pagando a livello Paese sia in termini di vite umane che economico. Seppur generata da una grave emergenza, i Centri Agroalimentari hanno avuto la possibilità di misurare in concreto la sostenibilità del proprio sistema organizzativo nel momento in cui una componente importante, com’è quella degli ambulanti, entra in crisi. Qualcuno potrebbe muovere una critica di poca sensibilità nei confronti di questa categoria. A ciò rispondo che è invece il profondo rispetto per il loro ruolo e per la loro professionalità che mi porta ad auspicare l’apertura per una riflessione su tali tematiche connessa.
Oggi più che mai le nostre certezze vacillano, ma ciò che resta chiaro è che noi siamo gli artefici del nostro futuro. Pertanto è nostro dovere attivarci per innovare ed abbracciare il cambiamento, invece di subirlo e rimanere ancorati alle tradizioni, sperimentando nuove possibili soluzioni con l’obiettivo di rendere certe professioni attrattive per le nuove generazioni, favorendo quel passaggio generazionale che, in taluni casi, oggi viene ad essere compromesso.
E allora approfittiamo di questo momento, in cui il tempo è sospeso, per concederci una pausa di riflessione per un’auto-analisi a favore della filiera.