Con un aumento del 5 per cento delle importazioni di patate dall’estero nel 2013 è importante fare chiarezza sulle anomalie di un mercato come quello nazionale dove oramai sono stranieri 4 tuberi su 10.
E’ quanto afferma la Coldiretti, in un comunicato ufficiale, nel commentare l’inchiesta aperta dalla Procura di Bologna sulla commercializzazione di patate vendute come nazionali, ma provenienti dall’estero, con una decina di persone indagate. La produzione nazionale di patate nel 2013 ha superato di poco il milione di tonnellate mentre le importazioni – sottolinea la Coldiretti – hanno sfiorato le 700 mila tonnellate delle quali quasi la metà provenienti dalla Francia. La patata è l’ortaggio più consumato dagli italiani che hanno il diritto di conoscere la provenienza reale del prodotto che acquistano, ma l’inganno – precisa la Coldiretti – colpisce anche i produttori che subiscono la concorrenza sleale di prodotto importato, ma ‘spacciato’ come nazionale.
La Coldiretti ha promosso e costituito la Fondazione ‘Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare’ per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, proprio con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità. Insomma, la Coldiretti va giù abbastanza pesantemente su un caso che sta facendo discutere molto, in queste ore, tutto il settore ortofrutticolo italiano.
Il nocciolo del problema sollevato dalla trasmissione Report non è numerico, anche se i numeri hanno la loro importanza, come sottolineato questa mattina in un commento su Italiafruitnews da Roberto Della Casa. Il problema va ben oltre la ‘patata bollente’ ma si estende a tutti quei prodotti – e sono numerosi – che entrano in Italia e diventano italiani. Il tema è la trasparenza, la tracciabilità, la correttezza e il problema che può emergere è la concorrenza sleale non solo rispetto ai produttori nazionali ma anche tra commercianti. Non si difende il settore, che pure va difeso, facendo di ogni erba un fascio, gettando fumogeni e nemmeno cercando capri espiatori – ci ha detto al riguardo un personaggio di spicco dell’ortofrutta nazionale – ma chiedendo il rispetto delle regole, dal commercio alla distribuzione. E ha aggiunto che in tempo di crisi dei consumi, con la distribuzione che impone una rigida politica dei prezzi, il rischio dei ‘pastrocchi’ diventa molto più alto che in tempi normali.