È una produzione in crescita e sempre più controllata quella del pomodoro da industria biologico del Nord Italia. Ad annunciarlo l’OI-Organizzazione interprofessionale del pomodoro da industria del Nord Italia che a Cibus ha presentato i numeri del settore ed illustrato gli impegni che la filiera ha preso per garantire al consumatore un prodotto biologico salubre, sostenibile e di qualità secondo i valori di massima trasparenza e responsabilità sociale che da sempre contraddistinguono la produzione di tutto il pomodoro da industria nel Nord Italia, rispondendo così alla richiesta di un consumatore che esprime un’attenzione crescente su ciò che si mangia.
Aumenta la domanda di prodotto, ma aumenta e si struttura anche l’offerta che propone un plus di affidabilità per il bio tanto che la filiera del Nord Italia, al termine di una serie di incontri tra produttori e trasformatori promossi dall’OI, ha previsto controlli aggiuntivi che vanno oltre quanto stabilito dalla normativa per la certificazione bio.
I numeri del pomodoro bio
Nel Nord Italia dai 1.316 ettari del 2015 si è passati ai 2.310 del 2017, il valore è quasi raddoppiato e rappresenta una quota consistente dei 3.800 ettari stimati a livello nazionale, mentre per la campagna 2018, ormai alle porte, si stima che le superfici coltivate con pomodoro bio possano raggiungere al Nord Italia, in base a quanto contrattato, i 2.700 ettari.
Dal punto di vista produttivo si registra una sempre maggiore specializzazione da parte degli agricoltori e da parte della ventina di industrie di trasformazione del Nord Italia che, nel complesso, hanno lavorato nel 2017 162.000 tonnellate di pomodoro bio coltivato sul territorio italiano.
I canali di destinazione
Nell’area dell’Oi il pomodoro biologico viene trasformato principalmente in passate per 24.854 tonnellate, polpe 19.410, doppi concentrati 12.283, altri concentrati 2.378, surgelati 206, sughi 145 e fiocchi 24. Il canale di destinazione principale è quello della lavorazione industriale per ottenere altri prodotti pronti (56,9%), seguito dai prodotti per i piccoli consumatori (34,1%) e per la ristorazione (9%).
Il “peso” del bio in filiera
Il quantitativo di bio è sempre più consistente. Soffermandosi sul dato 2017 i 2.310 ettari di biologico rappresentano il 6,6% dei 34.932 ettari coltivati complessivamente nel Nord Italia con la tecnica della produzione integrata che si contraddistingue per un bassissimo impiego di fitofarmaci.
L’Emilia Romagna è la regione nella quale si concentra la quota più consistente di produzione biologica. La prima provincia è quella di Ferrara dove, nel 2017, sono stati coltivati 1.500 ettari. Seguono le province di Ravenna (350), Parma (184) e Piacenza (76).
L’impegno per i consumatori, favorito dall’OI
La crescita della coltivazione e della produzione di pomodoro biologico è andata di pari passo con l’impegno della filiera del Nord Italia per garantire una produzione sempre più controllata, anche oltre quanto previsto dalle certificazioni di legge in materia, su iniziativa dell’OI.
“Le organizzazioni di produttori e le imprese di trasformazione – spiega il presidente dell’OI Tiberio Rabboni – sono state coinvolte dall’OI in diversi incontri durante i quali ci si è confrontati sul tema dei controlli aggiuntivi che una filiera organizzata può assicurare, oltre a quelli previsti per la singola impresa dalle certificazioni di legge. Dopo aver redatto, su questa base, la Carta delle buone prassi biologiche di filiera abbiamo avuto la soddisfazione di vedere inserito uno specifico decalogo formale sul biologico nel nuovo Contratto Quadro 2018, siglato tra Organizzazioni di produttori (Op) e trasformatori industriali. I controlli aggiuntivi sono dunque la regola per l’intera filiera del Nord Italia. Un risultato reso possibile dal fatto che nella nostra realtà i rapporti tra le parti sono da tempo disciplinati da Contratti Quadro, contratti tra Op e imprese di trasformazioni e da regole interprofessionali condivise, e quindi da una costante corresponsabilità di tutti gli attori che, in questo caso, consente di realizzare quel requisito di altissima affidabilità del prodotto biologico, richiesto giustamente dalla moderna distribuzione e dal consumatore finale. La filiera del pomodoro biologico del Nord Italia è in altri termini, affidabile perché organizzata, trasparente, controllata ed autoregolata”.
Cosa fanno in più le Organizzazioni dei produttori del Nord Italia
Le Organizzazioni dei produttori di pomodoro biologico del Nord Italia affiancano l’agricoltore socio offrendo servizi e verificando la correttezza del processo produttivo e l’idoneità del pomodoro destinato alla trasformazione.
Per queste ragioni:
- verificano preventivamente la conformità dei requisiti biologici delle aziende agricole;
- forniscono consulenza tecnica agli agricoltori soci per la scelta della varietà di pomodoro più idonea, l’acquisto del seme, lo sviluppo colturale, le pratiche agronomiche, la difesa e il controllo delle malerbe secondo le procedure previste dai disciplinari per il pomodoro biologico;
- effettuano autocontrolli programmati in campo sul pomodoro biologico pronto per la consegna anche tramite analisi per verificare l’assenza dei residui di fitofarmaci su bacca, foglie, radici e terreno;
- verificano la tracciabilità dei singoli carichi di pomodoro trasportati dal campo all’industria di trasformazione;
- forniscono all’industria la certificazione dell’Op a commercializzare prodotti biologici, nonché la certificazione biologica delle aziende agricole socie, la documentazione attestante i requisiti biologici dei singoli carichi di pomodoro trasportato e i documenti in cui sono riportate tutte le operazioni agronomiche.
Cosa fanno in più le industrie di trasformazione
Le imprese di trasformazione del pomodoro biologico seguono un sistema di procedure e di controlli della conformità biologica del prodotto in ingresso e in lavorazione negli stabilimenti, così organizzato:
- prelievo di campioni di pomodoro biologico in campo per controllarne la rispondenza ai requisiti obbligatori;
- verifica della validità della certificazione dell’Op alla commercializzazione del pomodoro biologico e della validità della certificazione bio delle aziende agricole conferenti socie;
- verifica dei documenti degli agricoltori per accertare le operazioni agronomiche effettuate in campo;
- verifica sui carichi di pomodoro in consegna della certificazione biologica dell’azienda agricola di provenienza;
- richiesta al trasportatore del pomodoro di formale dichiarazione di idoneo lavaggio del mezzo impiegato per il trasporto del pomodoro biologico.
- prelievo di campioni di pomodoro in ingresso nello stabilimento per verificarne la conformità alle norme della produzione biologica tramite analisi per verificare l’assenza di fitofarmaci;
- lavorazioni in stabilimento su linee dedicate alla trasformazione del biologico o su linee ad utilizzo alternato dopo gli idonei lavaggi;
- controllo del prodotto biologico trasformato con delle analisi per verificare l’assenza di fitofarmaci.
Di questi impegni hanno parlato, a Cibus, tre esponenti della filiera del Nord Italia: Luca Artioli, responsabile ufficio industria dell’Op Apo Conerpo; Aldo Rodolfi, presidente dell’impresa di trasformazione Rodolfi Mansueto Spa; Stefano Spelta, responsabile vendite di Consorzio Casalasco del pomodoro.
Le testimonianze dalla filiera
Apo Conerpo, con sede a Villanova di Castenaso (Bologna), è un’organizzazione di produttori che consegna pomodoro sia ad imprese di trasformazione privata che cooperativa. I produttori agricoli associati ad Apo Conerpo producono circa 400.000 tonnellate di pomodoro su più di 5.000 ettari, soprattutto nelle province di Ferrara, Ravenna e Modena. Da sempre attiva nel campo delle produzioni ortofrutticole biologiche.
Rodolfi Mansueto, impresa di trasformazione fondata a Parma nel 1896, trasforma circa 250.000 tonnellate di pomodoro fresco in 3 stabilimenti. È tra le maggiori produttrici di derivati di pomodoro biologico tra Parma e Piacenza.
Consorzio Casalasco del pomodoro è una cooperativa, nata a Cremona nel 1977, di circa 370 aziende agricole dislocate principalmente tra Cremona, Mantova e Piacenza. Trasforma più di 500.000 tonnellate di pomodoro in tre diversi stabilimenti e i suoi soci coltivano pomodoro su 7.000 ettari.
Nella foto, da sinistra: Tiberio Rabboni, Luca Artioli, Aldo Rodolfi, Stefano Spelta