PROGETTO EUFRUIT PER RIDURRE I RESIDUI IN FRUTTICOLTURA. LA SFIDA: “ABBASSARLI SOTTO IL 10%”

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Il progetto di ricerca europeo Eufruit fa la guerra ai residui in frutticoltura ma allo stato dell’arte non è possibile ridurli al di sotto del 10%.

È in dirittura d’arrivo il progetto di ricerca Eufruit 2016-2018 dedicato, fra l’altro, alla riduzione dei residui nella frutticoltura e curato dall’Istituto di ricerca Ctifl che coordina il gruppo di lavoro europeo Eufrin a cui aderiscono i centri di ricerca e le università di 22 Paesi Membri. I risultati di questo studio saranno presentati alla prossima edizione di Interpoma in programma a Bolzano dal 15 al 17 novembre 2018 ma sono stati anticipati nel corso dell’ultima edizione del Sival di Angers.

“Stiamo testando – spiega Franziska Zavagli (nella foto), ricercatrice Ctifl che ha presentato gli esiti della ricerca nel corso del ‘Fruit Production Forum’ – e combinando diversi modelli di difesa con l’obiettivo di ridurre l’azione dei bio-aggressori e, allo stesso tempo, di preservare l’ambiente. Tuttavia, i risultati fino ad ora prodotti, attraverso tecniche cosiddette di Bio-controllo, ci stanno dimostrando che, anche impiegando contemporaneamente tutte le migliori ‘best practice’ al vaglio, non si riesce ad abbassare la soglia dei residui al di sotto del 10%”.

Eufruit beneficia anche di un contributo europeo per quanto riguarda la comunicazione dei risultati che verranno divulgati attraverso la realizzazione di una piattaforma digitale disponibile per i produttori sul sito https://kp.eufrin.org, che conterrà fra l’altro delle raccomandazioni oltre che dei calendari relativi ai trattamenti da applicare, prodotto per prodotto.

Eufruit è portato avanti da sei gruppi di lavoro che hanno operato su diversi temi. Oltre alla riduzione dei residui anche lo sviluppo di nuove varietà, l’ottimizzazione della qualità nella fase di conservazione della frutta, la riduzione dell’impiego di acqua e l’individuazione di nuovi strumenti di supporto alle decisioni.

“Il numero di prodotti chimici usati in agricoltura – chiarisce Zavagli – è in calo ma le alternative esistenti sono ancora insufficienti. Soprattutto nella fase di conservazione quando l’azione dei bio-aggressori è piuttosto significativa. In questa direzione stiamo sperimentando tecniche, pre e post-raccolta, basate su saponi, ad esempio, spazzole, acqua calda, silicato di sodio, ultrasuoni, ozonizzazione o anche acqua elettrolizzata, ma esistono ancora limiti oggettivi”.

L’impiego dei saponi, ad esempio, sviluppa schiuma e guardando alle pratiche testate, in genere, si tratta di processi piuttosto complessi dal momento che combinano, per esempio, l’applicazione di maschere anti-pioggia, il rilascio telecomandato di feromoni, gli stimolatori di difesa, la nebulizzazione di prodotti di Bio-controllo attraverso spruzzatori a tunnel che preservano l’ambiente o, sempre in un’ottica ‘green’, l’uso di laser per ispezionare il terreno (sistema inglese LiDAR) e individuare l’esatto fabbisogno di input.

“Ridurre i residui e preservare l’ambiente – ha precisato Alessandro Dalpiaz, direttore di Apot e Assomela, che abbiamo intercettato a margine del Forum – è una strada obbligata per la frutticoltura. Alcune delle soluzioni proposte dal progetto saranno probabilmente adottabili, altre no. Tra quelle più facilmente applicabili c’è la possibilità di ottenere tecniche di produzione che permettano una maggiore efficacia per trattamenti, o l’uso di bio-stimolatori che possono rafforzare le difese naturali delle piante o, ancora, i cosiddetti Bio-pesticidi che oggi hanno il grosso difetto di essere poco durevoli e anche poco efficaci ma nel futuro è possibile che migliorino. Sono interessanti anche le tecniche di monitoraggio sull’evoluzione delle malattie in campo oppure i nuovi sistemi di previsione meteorologica che permettono di supportare le decisioni dei produttori. Se l’obiettivo finale è quello di aumentare la competitività del sistema – conclude Dalpiaz – i produttori devono accettare anche qualche piccolo aumento di costo. L’importante è che il prezzo finale del prodotto sia apprezzato, sostenibile e possa trasferire il giusto valore al produttore”.

Mariangela Latella

 

Nella foto d’apertura, da sinistra: Miroslaw Szyszkowski (Polonia), Daniel Sauvaitre (Anpp Francia), Alessandro Dalpiaz (Assomela)

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