APERTURA DI NUOVI MERCATI: PERCHÉ TUTTI CORRONO E L’ITALIA ARRANCA

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Think global, act local. Purtroppo c’è chi non pensa (e non agisce) né globalmente né localmente. Stiamo parlando dell’apertura di nuovi mercati: un tema di vitale importanza per il nostro Paese da almeno un paio di decenni. Gli scambi commerciali globali nel settore ortofrutticolo si sono moltiplicati, la geografia commerciale cambia continuamente. Paesi una volta marginali sono diventati forti importatori. L’apertura dei nuovi mercati è stato l’obiettivo principale della maggior parte dei grandi produttori ortofrutticoli nel mondo: dal Cile alla Spagna fino al Perù, al Marocco e finanche alla Tunisia. Tutti sono stati attivissimi nel tessere una fitta serie di accordi per poter permettere ai loro prodotti di poter varcare le frontiere di nuovi Paesi importatori. L’Italia si muove invece con estenuante lentezza e a pagarne le conseguenze è ovviamente tutto il settore. Andiamo direttamente al problema senza perderci in preamboli: il Servizio Fitosanitario Nazionale è drammaticamente sottodimensionato e privo di risorse. Formare un protocollo per l’esportazione non è cosa facile: bisogna costruire i rapporti diplomatici, risolvere problemi tecnici e scrivere le istruttorie, sostenere spese per le ispezioni fitopatologiche effettuate dai tecnici esteri. Tutto questo è oggi delegato ai privati (o al massimo a qualche assessorato regionale) che agiscono di loro sponte spendendo il proprio impegno e i propri denari per tutta la nazione. Non esiste un coordinamento centrale che agisca iniziando un iter dopo il necessario lavoro di analisi strategica come avviene in altri Paesi (per esempio Francia o Spagna). Il risultato è che il numero di Paesi in cui è possibile esportare i prodotti ortofrutticoli italiani è molto più basso dei nostri diretti competitor (ma anche degli indiretti). Guardiamo agli agrumi spagnoli tanto per fare un (eclatante) esempio. O addirittura alle mele polacche che possiamo oggi ritrovare (si guardi bene: marcate made in UE) sul mercato cinese – un mercato che per i nostri (ben migliori) pomi è ancora inibito. Che si dia allora una mossa il governo: è così – e con costi, tutto sommato, molto modesti – che si crea occupazione e si sostengono le imprese.

Duccio Caccioni

opinionista

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