FIERE: RIVOLUZIONE IN VISTA, SERVONO IDEE E PROGETTI NUOVI. E ALL’EXPO DI MILANO CHE SPAZIO CI SARÀ PER L’ORTOFRUTTA?

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Oggi apre Fruit Attraction a Madrid, grande vetrina muscolare e organizzativa della Spagna ortofrutticola, regina dell’export. L’Italia ovviamente è osservatore privilegiato e interessato. In questo settembre-ottobre fieristico c’è qualcosa che non va: da Hong Kong al Pma americano in sette settimane ben cinque saloni.

Difficile non dare ragione a chi a nome delle imprese (come ha fatto Marco Salvi ai primi di settembre) ha lanciato l’allarme: questo calendario strozza le imprese, così non si può andare avanti. Il mondo delle fiere è sottosopra. Scricchiolii vengono dal Veneto (sponda Vicenza), Bologna ha perso il Motor Show: l’Emilia-Romagna, terra dei motori, senza la sua manifestazione-simbolo… la motor valley decapitata. Sembra incredibile, ma è il mercato, bellezza, verrebbe da dire.

Milano (in ottica Expo 2015) apre le braccia a chi porta idee e novità. Innovazione è la parola d’ordine per affrontare il futuro. Tradotto: idee nuove, voglia di rinnovarsi. Luca di Montezemolo commenta la fine del Motor Show e dice: “Esportiamo le nostre fiere, portiamole in giro per il mondo, là dove i mercati crescono”. Vinitaly lo ha già fatto e porta il vino italiano nei quattro continenti: non è più solo un salone, ma un marchio che identifica l’enologia italiana nel mondo.

C’è una rivoluzione in atto, e anche la ‘nostra’ fiera dell’ortofrutta, Macfrut, dovrà tenerne conto. Sul numero di ottobre del Corriere c’è un bel commento di Claudio Scalise (“Dopo Macfrut, oltre Macfrut”) che traccia le linee di un possibile passo in avanti del salone cesenate. Lo sforzo organizzativo fatto finora, e culminato con l’edizione 2013, è stato enorme. Domenico Scarpellini e il suo staff hanno fatto miracoli e i dati di espositori/visitatori sono lì a dimostrarlo. Con il rinnovo del cda dell’ente fieristico, dopo le elezioni di primavera a Cesena, è possibile che cambi qualcosa, che venga messa in campo una nuova squadra. Quindi serve anche un progetto nuovo che raccolga la migliore eredità fin qui accumulata e vada oltre: sul fronte dell’internazionalizzazione, della rappresentanza di tutta la filiera e di tutti i territori italiani, di un sistema Italia che punta a un salto di qualità sul mercato internazionale, di una Italia che si apre ai mercati dell’Est e del bacino del Mediterraneo/Medio Oriente.

Tempistica e sede potrebbero essere messi in discussione: uscire dall’imbuto fieristico di settembre-ottobre e tornare a maggio? Traslocare in una sede fieristica più logisticamente comoda come Bologna o Roma? Tutte ipotesi in campo, da valutare con attenzione per il bene del sistema ortofrutta Italia. E a proposito di ‘sistema’, si stanno facendo i giochi in vista di Expo 2015, si sente parlare di caffè e altre commodity simbolo del made in Italy ma non proprio italiane di origine.

L’ortofrutta come e dove sarà rappresentata? Ci sarà un padiglione in cui il “sistema Italia” si presenta unito o assisteremo alla solita armata Brancaleone di regioni, consorzi, imprese ognuna per conto suo? Pensiamoci finché siamo in tempo.

 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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