Dopo l’inchiesta del settimanale L’Espresso (leggi news) sull’eccessiva presenza dei prodotti chimici nell’ortofrutta e il successivo commento del direttore del Corriere Ortofrutticolo Lorenzo Frassoldati (leggi qui), Marco Hrobat (nella foto), vice presidente dell’ANDMI, Associazione Nazionale Direttori Mercati all’Ingrosso torna sulla questione.
Il settimanale nel servizio lanciava l’allarme: frutta e verdura trattate chimicamente e tirate a lucido rischiano di creare danni alla salute di chi le compra. I controlli ci sono, ma se possibile, meglio evitare trattamenti. Hrobat ribadisce il fatto che spesso queste azioni sono dettate da mere logiche commerciali che obbligano ad effettuare i trattamenti sui prodotti, ma rilancia: “Tuttavia, forse, non ci rendiamo conto che agendo in questo modo si danneggia il consumatore. Chi deve acquistare ortofrutta da una parte rimane sempre più spiazzato e perplesso dall’attendibilità e dalla garanzia di salubrità dei prodotti, dall’altra viene continuamente bombardato da prodotti standardizzati. Non si fida più, non è più in grado di “ponderare” l’acquisto e nel dubbio preferisce non comprare frutta e verdura, a tutto svantaggio, ovviamente, dei consumi”.
Secondo il vice presidente dell’ANDMI “serve una riflessione seria da parte di tutti gli anelli della filiera. È necessario riavvicinare il consumatore all’origine dei prodotti, alla loro stagionalità fargli trovare un’etichetta che indichi chiaramente l’origine del prodotto e magari il giorno di raccolta e soprattutto è indispensabile che chi acquista abbia la possibilità di tornare a riassaporare il vero gusto della frutta e degli ortaggi. In definitiva dobbiamo mirare alla soddisfazione del cliente, per qualità, sicurezza e fiducia. Per farlo serve da un lato grande professionalità da parte degli operatori del settore, dall’altro lavorare in maniera massiccia sulla comunicazione di questi messaggi, che rimane ad oggi su livelli bassissimi”.
Hrobat insiste: “È ora di ragionare in maniera diversa: basta con i giochi di potere, presenti ahimè anche nelle associazioni, ma ripartire dal rispetto delle regole, attraverso anche monitoraggi seri e continui da parte degli enti istituzionalmente preposti”.
Emanuele Zanini
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