Bene l’iniziativa del Cso sulla frutta estiva, i cui dettagli leggerete qui sul nostro notiziario (leggi news). Bravo Paolo de Castro a spiegare lo stato attuale della trattativa a tre (trilogo, brutta parola) Consiglio Ue-Parlamento-Commissione per trovare uno straccio d’intesa sulla riforma Pac entro il 2013, poi da ‘incastrare’ nel budget finanziario 2014-2020.

Come dire: se non ci sono i soldi che riforma vuoi fare? Vedremo, ma prepariamoci a tirare la cinghia. Paolo Bruni ha proposto alcuni dati magari non nuovi, ma elaborati con un criterio nuovo e quindi ancor più interessanti. L’agricoltura – è noto – vale dal 2 al 3% del Pil, l’occupazione agricola tra il 4-5%, quindi valori tutto sommato modesti. Ma se calcoliamo il comparto agroalimentare ‘allargato’ cioè tenendo conto dei prezzi allo scaffale e dei ristoranti siamo a 250 miliardi di euro, circa il 16% del Pil. Il valore dell’export agroalimentare non è ‘solo’ di 31 miliardi ma sale a 48 miliardi se usiamo il criterio ‘allargato’ al market e ai ristoranti. Ancora: i primi tre brand più noti al mondo sono Visa, Coca-Cola e made in Italy.

Quest’ultimo non è un marchio ma un valore aggiunto per tutto il sistema Italia, che dovrebbe e potrebbe usarlo meglio. Basta solo ricordare la frammentazione e la dispersione dell’immagine italiana a Fruitlogistica di Berlino per capire quanto questo valore sia malgestito e quindi sprecato da noi stessi. Ma tu vai a chiedere alle varie Regioni di darsi una immagine coordinata… una impresa titanica e sicuramente inutile. Insomma il comparto deve prendere coscienza del suo valore, del suo schiacciante peso economico cui corrisponde però un peso ‘politico’ assolutamente inadeguato. Anche la neoministra De Girolamo si sta accorgendo di camminare su un sentiero strettissimo, tra Regioni e Bruxelles, dove l’agricoltura è come una bella donna: omaggiata e riverita ma poi quando si fa sul serio, nessuno”se la fila”.

Lorenzo Frassoldati

Direttore del Corriere Ortofrutticolo

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