Gli aumenti dei costi di produzione continuano a erodere i margini di redditività delle imprese agricole, che già lottano con pesanti oneri fiscali (Imu) e contribuitivi e con prezzi sui campi sempre meno remunerativi. Solo a novembre i costi di produzione sono saliti del 3,6 per cento, ma tutto il 2012 è stato segnato dai continui rincari dei capitoli di spesa agricoli.
Lo afferma la Cia, commentando i dati diffusi dall’Ismea. A novembre, per esempio, gli agricoltori hanno dovuto sborsare, rispetto allo stesso periodo del 2011, il 4,5 per cento in più per i carburanti e il 4 per cento in più per l’energia elettrica.
Tutte spese che vanno a incidere negativamente sui redditi degli agricoltori – osserva la Cia – tanto più in un anno come il 2012 in cui gelo polare, alluvioni e siccità estiva hanno aggravato la situazione del settore primario, causando danni enormi alle produzioni e alle campagne nazionali. La conseguenza più evidente di tutti questi fattori messi insieme è il calo netto degli utili aziendali in Italia: mentre in Germania e in Francia – i nostri più diretti competitor – i redditi degli agricoltori sono cresciuti rispettivamente del 12 per cento e del 14 per cento nella media del 2012, l’Italia si ferma a un misero più 0,3 per cento (dati Eurostat).
Una sorta di "crescita zero" – conclude la Cia – che richiede un pronto intervento e misure adeguate a sostegno di un settore centrale dell’economia. Per questo la Cia si augura che la prossima legislatura possa riaccendere i riflettori sull’agricoltura e mettere in campo finalmente strategie "ad hoc" per la crescita del sistema imprenditoriale.
"La tenuta dei redditi nazionali (+0,3%) non è molto incoraggiante se si guarda ai nostri principali partner comunitari, ha commentato Paolo De Castro, presidente della commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo. Germania, Francia e Spagna vedono infatti aumentare i loro rispettivamente del 12%, 14% e 2,5%. Nel nostro Paese è mancata quella inversione di tendenza necessaria a recuperare le importanti perdite degli ultimi anni. Mentre l’Europa agricola, dal 2005 a oggi, ha guadagnato circa un terzo del proprio reddito, l’Italia ha perso il 6% della sua ricchezza. Eppure – conclude De Castro – il nostro patrimonio agroalimentare è sempre più apprezzato dai consumatori".