Non è stata chiarita l’origine, si conoscono le conseguenze: tragiche dal punto di vista della salute, catastrofiche dal punto di vista economico. L’epidemia da Escherichia coli sviluppatasi in Germania ha provocato fino all’8 giugno 27 morti e 2.400 contagi creando un’emergenza sanitaria che ha coinvolto tutto il settore alimentare dei prodotti freschi dal quale l’epidemia sarebbe partita.

Il peggio – dicono le autorità sanitarie tedesche – è passato: “il numero dei contagiati è significativamente calato anche se ci saranno nuovi casi e possibili vittime”. Sono stati messi sotto accusa i cetrioli, in particolare di origine spagnola, identificati in un primo momento come i veicoli dell’infezione, poi i germogli di soia coltivati in Baviera. I cetrioli sono stati successivamente scagionati mentre le analisi sui germogli di soia non sono mai terminate.

Perché? Conflitti di competenze, conflitti sulla gestione, anche mediatica, della crisi. Il risultato è che il settore ortofrutticolo di tutta Europa ha perso in pochi giorni centinaia di milioni di euro, la Russia ha bloccato le importazioni, l’Unione Europea ha stabilito degli aiuti che non ripagano comunque dei danni. Qualcuno, come l’Egitto, ne ha approfittato, con incrementi dell’export mai visti. I buyer della gdo, per non commettere errori, hanno bloccato gli acquisti di numerosi prodotti freschi.

Ma che cosa è questo E-coli se non un batterio che si sviluppa nelle feci e che lì deve rimanere? Come può essere passato nei germogli o in qualche prodotto fresco e di qui sulla tavola di mense, case, ristoranti? Poche altre possibilità rispetto a questa, come sanno tutti coloro che si occupano di igiene degli alimenti: il batterio può provenire da prodotti cresciuti in un terreno irrorato con concime biologico non maturo, troppo fresco e quindi ancora infetto. La Germania, dove molto probabilmente si trova l’origine di questa infezione, è sotto accusa. Giustamente. Ha commesso troppi errori e c’è il sospetto che voglia nascondere la verità.

Antonio Felice

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