Carrello della spesa sempre più leggero per le famiglie italiane che fronteggiano la crisi tagliando la spesa alimentare: nel 2011 i consumi interni sono scesi oltre 4 punti percentuali sotto il livello del 2000, afferma Federalimentare. E il 2012 dovrebbe portare – secondo le stime dell’associazione – a un ulteriore taglio delle vendite di 2 punti percentuali.
A fronte di tutto ciò aumenta invece la spesa low cost: l’incidenza dei discount nell’universo dei canali distributivi nazionali supera ormai il 10% del venduto. Il giocattolo anticiclico del settore alimentare, insomma, si è rotto: i consumi a tavola hanno perduto la loro fama di inossidabile rigidità e mostrano ormai aspetti strutturali di crisi.
La ripresa è però un appuntamento rimandato: le previsioni del 2012 indicano un ulteriore arretramento delle vendite. “Il forte drenaggio della capacità di acquisto – sottolinea Federalimentare in un rapporto realizzato in vista dell’edizione 2012 di Cibus – causato dalle recenti misure governative e incentivato dallo specifico effetto Iva sui prezzi, comporterà un’ulteriore erosione delle vendite, analoga a quella del 2011”.
La manovra del governo Monti di fine 2011, secondo l’associazione, inciderà sul settore alimentare per quasi 5 miliardi di euro, pari a oltre il 2% del totale dei consumi alimentari del Paese. Nel 2011 il calo di produzione dell’industria alimentare ha segnato un -1,5% sul 2010. Alcuni prodotti hanno riportato cali più marcati: zucchero -28,9%, gelati -8,8%, pane -7,9%, ma anche l’alimentazione animale (-4,1%) e i succhi di frutta (-3,3%). In netta controtendenza le bevande, vino in testa (+2,3%), oltre ad acque minerali e birra (+2,0%).
Se in casa i consumi languono, ben diverso lo scenario oltre frontiera, dove l’italian food continua a mietere successi: nel 2011 l’export alimentare "made in Italy" ha raggiunto quota 23,1 miliardi, con un tasso di crescita di oltre il 10%, quasi identico a quello del 2010. E qui entrano in gioco i rapporti con la Gdo nazionale, scarsamente lanciata sulla proiezione internazionale. “Occorre stringere legami anche con le catene estere – sostiene Federalimentare – al fine di veicolare meglio i prodotti nazionali sui loro scaffali”.