ORA È UFFICIALE: MARCO SALVI È IL NUOVO PRESIDENTE DI FRUITIMPRESE

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Come anticipato in anteprima assoluta da www.corrieortofrutticolo.it mercoledì (leggi news), è Marco Salvi il nuovo presidente di Fruitimprese. Il passaggio del testimone con Luigi Peviani, che ha guidato l’associazione per tre mandati, dal 2003 ad oggi, è avvenuto nell’assise elettiva di questa mattina a Roma.

  

 

Nell’elezione, avvenuta all’Hotel Ambasciatori Palace di Via Vittorio Veneto, Salvi (nella foto qui sopra, a destra, assieme a Peviani) è stato eletto all’unanimità alla guida dell’associazione.

Ieri l’associazione degli esportatori ed importatori, colosso capace di aggregare aziende in grado di esprimere 4 miliardi e mezzo di euro di fatturato, un terzo del quale per vendite all’estero, aveva celebrato l’assemblea annuale da cui è emerso un quadro a tinte piuttosto fosche, ma comunque non disastroso, dell’ortofrutta made in Italy. Che però, come ha detto in apertura il prof. Roberto Della Casa, ha il “difetto” di camminare mentre a livello internazionale i competitor, soprattutto quelli emergenti, corrono. Questa crisi, che è strutturale e non congiunturale, ha detto il docente, parte da lontano ed è accentuata dal calo di consumi accusato dal mercato nazionale ed europeo. Si registra un’attenzione crescente sul concetto di locale, ma l’Italia, lo dicono i numeri presentati in assemblea, deve esportare molto di più. Il valore dell’export in 10 anni è cresciuto in Italia del 110%, nel mondo del 240%.

 

Nel settore, ha incalzato Della Casa (nella foto qui sopra), serve specializzazione ma portando emozione: facciamo bellissimi prodotti ma poco ricchi di appeal, spesso anonimi e relegati a commodities. Della Casa ha fatto l’esempio delle pere, emblema della difficoltà in cui versa il settore: dal 2000 al 2009 è stata ridotta lievemente la produzione, si è perso il 16% dei consumi interni riducendo l’export dal 15,7% a 15,4%, a fronte di un import è stabile. E mentre flettono i consumi e aumentano in modo sensibile gli italiani che hanno acquistato ed intendono acquistare direttamente dal produttore, cresce la “pressione” su frutta e verdura, oggetto spesso di promozioni “da volantino” esasperate.

L’ortofrutta italiana vola basso, dovrebbe ragionare con la logica della “categoria” per andare incontro ai desideri del consumatore: grazie ad aree dedicate nella Gd inglese, i “berries”, in terra angolasassone sono diventati la prima referenza ortofrutticola in termini di vendite, più ancora di mele e banane, crescendo del 92% dal 2005 al 2011. Bisogna segmentare l’offerta e poi creare il mercato, non viceversa, ha detto Della Casa secondo cui occorre cambiare prospettiva passando dal prodotto al desiderio: bisogna andare oltre il servizio passando al “beneficio”.

Un cenno poi alle norme che regolano il settore: l’art.62, ha detto Della Casa, non è la panacea di tutti i mali: ci sono già tante regole, il problema è il loro reale rispetto. Poi va valutato in sede di applicazione tecnica specie sulle piccole partite e nell’import-export per non alterare condizioni di mercato nell’ambito Ue. Occorrerebbe inoltre arrivare al prezzo netto in fattura e alla revisione dei contributi: scontistica incondizionata e costi accessori per industria di marca pesano per il 25% pur non essendoci gestione dello scaffale, ha detto ancora Della Casa, che ha concluso segnalando altri temi caldi del comparto (Barriere fitosanitarie, dazi doganali, vincoli all’export, orari dei mercati…) e dichiarando che “quello in cui operano le aziende in realtà è un mercato globale dominato dal protezionismo in cui la reciprocità si gioca sulle alleanze trasversali: occorre un nuovo profilo di lobbing, occorre capacità negoziale”.

 

Luigi Peviani (nella foto qui sopra), prima di illustrare le slides che testimoniano come l’import-export italiano nel 2011 abbia tenuto rispetto al 2010, ha definito il quadro economico difficile “penalizzante per il consumo di prodotti considerati non indispensabili come i nostri”. Giudizio positivo sull’attuale esecutivo: “Il governo Monti ha migliorato la visibilità del Paese all’estero mettendo al centro i veri problemi per risanare i conti pubblici. Speriamo orienti l’azione su l’aspetto fiscale e poi alla crescita, che non sarà facile, oltre che sulla spending review. Il settore è preoccupato ma tiene e garantisce livelli invariati di occupazione”.

“Il nuovo ministro dell’Agricoltura Mario Catania – ha detto Peviani – ci ha molto impressionato, ha una visione dall’alto applicabile al quotidiano. Non si era mai vista tanta competenza. Ha insistito sull’aggregazione dell’offerta che non deve necessariamente avvenire tramite Op e cooperative ma con un approccio più laico studiando nuove forme associative; al Sud verranno elaborate formule alternative e aggregative diverse dalle attuali”. Come reagire alle difficoltà nell’export e ai consumi contratti? Peviani ha stilato un mini elenco: integrando il modello individualistico, che oggi va ripensato; costruendo un sistema organico e funzionale attraverso un tavolo di confronto anche con il Mipaaf; elaborando analisi e progettualità; valorizzando il Made in Italy; attraverso ricerca e formazione qualificata e qualificante.

Il Made in Italy ha detto Peviani è appannato rispetto alla fine del secolo scorso non solo per immagine negativa dell’Italia ma anche per una standardizzazione di proposte frutto anche dell’aumento dell’importanza delle multinazionali che propongono le stesse varietà in tutto il mondo.

“Servono valori tecnici imprescindibili e peculiarità del nostro territorio per emergere”, ha affermato l’ormai past president. “Non è più accettabile produrre commodity in aree non vocate con prodotti non adatti. Serve una chiave di lettura più funzionale riallacciandosi a quello che l’industria agroalimentare ci insegna “sfornando” prodotti funzionali, ad alto valore aggiunto”.

“I consumi sono a picco quindi dobbiamo esportare verso nuovi mercati con prodotti idonei, sfruttando le opportunità della logistica (che fanno costare poco l’export oltremare), che deve però essere più competitiva e accessibile”, ha concluso Peviani. “Bisogna ridurre la burocrazia e fare controlli ma senza ostacolare le imprese in modo ossessivo, con tempistiche diverse, anche a livello di Agecontrol. Altra nota dolente, le certificazioni che si sovrappongono…”.

 

 

Per Dario Stefano (nella foto qui sopra), coordinatore della Commissione Politiche agricole nazionale, l’Italia si è presentata sul mercato globale con approssimazione. Ha sofferto e soffre una politica nazionale modesta.

“Servono regole per difendere l’autenticità e la qualità dei nostri prodotti. Certo, Catania è un buon Ministro, ma da un governo tecnico ci si può aspettare di più con regole e strumenti. E’ finito il tempo di annunciare la necessità di creare aggregazioni; si passi dalle parole ai fatti, associazioni come Fruitimprese devono essere fornite di strumenti che premino aggregazioni, con misure capaci di accompagnare e rendere solide relazioni le nostre realtà produttive e commerciali nel rispetto delle regole. Come sistema delle regioni non abbiamo soldi per servire il sistema produttivo ed “accompagnarlo” all’estero. Eppure siamo titolari di delega costituzionale. È un problema di disponibilità? Non credo. Il problema è la ricetta da adottare. Abbiamo bisogno di regole nuove e idee. Da scrivere con gli operatori. I cinque grandi temi posti da Rabboni lunedì scorso a Bologna sono di stimolo ma non basta, urge rafforzare il sistema produttivo che ha poche possibilità di riuscire se non accompagnato da diplomazia istituzionale. Vogliamo tavolo con agricoltori e operatori per dare input.

Per Gianni Dal Moro, componente la commissione agricoltura alla Camera l’agricoltura in Italia è bistrattata, come dimostra il fatto che vi siano stati quattro ministri in una legislatura. “Nel resto del mondo agroalimentare e alimentazione conta molto di più: gli altri Paesi hanno capito che nel breve periodo lo scenario dell’alimentazione cambierà radicalmente, i paesi emergenti chiederanno sempre più cibo. Un problema per l’italia che sarà serissimo nel breve periodo: avremo competitor con più superfici, meno costi e con il know how che abbiamo loro insegnato”. E la Pac? “Le risorse sono minori e i Paesi della Ue di più, sarà partita difficile ed abbiamo bisogno di fare sistema. Quanto allo specifico dell’ortofrutta dico che occorre aiutare chi lavora nell’export partendo da chi c’è già ed è consolidato”.

Paolo De Castro ha inviato un videomessaggio in cui ha sottolineato che si è nel pieno del dibattito Pac ed è il momento delle proposte. “Ci auguriamo che questa riforma possa essere profondamente rivisitata per mettere le imprese al centro del mercato e dare competitività alle aziende. Fruitimprese, in ogni caso è uno dei fiori all’occhiello”.

 

 

Dopo l’assemblea, evento conviviale a Cinecittà con consegna di un riconoscimento al presidente Peviani da parte dei vicepresidenti Danila Bragantini e Giacomo Suglia (nella foto il momento uno dei momenti della consegna del riconoscimento) a nome di Fruitimprese e con un filmato che ha ripercorso le principali tappe dei suoi nove anni al vertice dell’ex Aneioa.

Mirko Aldinucci

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