L’ANGURIA ITALIANA PERDE QUOTE DI MERCATO. “PUNTARE SULLE MINI”

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Le coltivazioni di angurie in Italia occupano una superficie di 12 mila ettari: si tratta di un comparto importante per l’agricoltura del Belpaese. La produzione, dopo un periodo di notevole calo (da 519 mila tonnellate nel 2005 a 435 mila nel 2007, secondo i dati dell’Istat) è ricominciata a crescere fino a toccare i livelli di sei anni fa.

Attualmente, le principali regioni produttrici sono Campania (17,3% della quota nazionale), Lazio (15,3%), Emilia-Romagna (13,7%), Sicilia (13,3%), Lombardia (10,8%) e Puglia (10,6%): il loro lavoro (ma anche quello delle regioni con una produzione più ridotta) permette all’Italia di collocarsi al 19° posto della classifica mondiale dei produttori di angurie (dati Fao):

 

Stato 2005 (t) 2009 (t) Var.
Cina 60.105.888 65.002.319 +8,1%
Turchia 3.970.000 3.810.210 -4%
Iran 3.259.410 3.074.580 -5,7%
Brasile 1.637.430 2.056.310 +25,6%
Stati Uniti 1.741.920 1.819.890 +4,5%
Egitto 1.500.000 1.500.000 0
Russia 964.580 1.419.030 +47,1%
Messico 864.766 1.007.160 +16,5%
Algeria 857.942 1.034.720 +20,6%
Uzbekistan 615.270 1.071.000 +74,1%
Corea 904.895 900.000 -0,4%
Spagna 719.621 819.100 +13,8%
Grecia 703.558 656.379 -6,7%
Marocco 402.455 650.000 +64,5%
Siria 588.300 749.695 +27,4%
Kazakistan 526.500 641.000 +21,7%
Romania 628.326 602.813 -4,1%
Iraq 615.000 326.742 -46,9%
Italia 519.463 466.000 -10,3%
Tunisia 446.000   475.000  +6,5%
Altri  8.556.105  9.965.999  +16,5%
Totale 90.127.429 98.047.947 +8,8%

 

 

Tuttavia questo felice posizionamento è sempre più compromesso: l’Italia arranca di anno in anno, faticando a reggere la concorrenza degli altri Paesi mediterranei (zona di origine dell’anguria) che offrono lo stesso prodotto a prezzo minore, perché meno carico di costi di produzione. E vista la tendenza ad aumentare di anno in anno (se non di mese in mese) l’aggravio fiscale delle imprese agricole, si può facilmente presupporre che l’anguria italiana sarà sempre più penalizzata nel commercio mondiale. E dire che le esportazioni sono vitali per il mercato italiano di angurie, dato che rappresentano il 26% della produzione.

Come fare, allora, per rimediare a questa situazione sfavorevole? Secondo Sg Marketing occorrei puntare sul prodotto di piccola pezzatura. Il cocomero, infatti, è un prodotto importante soprattutto d’estate, quando arriva a costituire anche il 12% delle vendite dei reparti ortofrutta nei supermercati. Tuttavia per le catene di distribuzione non è facile gestire angurie di 14-18 chili, che richiedono molto spazio, così com’è difficile vendere le angurie preaffettate e incartate a causa di problemi igienico-sanitari. Ma anche per gli stessi consumatori è faticoso acquistare un prodotto che richiede frigoriferi molto ampi (e vuoti) e un numero di familiari tali da riuscire a consumare il prodotto in pochi giorni (e in Italia la famiglia media si è ridotta a 2,6 persone).

Risultano invece più agevoli la gestione e la vendita delle angurie di 4-8 chili, che negli ultimi anni ha avuto un grande successo in Europa nord-occidentale. Le prime tipologie di queste mini-angurie sono emerse circa dieci anni fa, e si sono già guadagnate una buona nicchia di mercato: facili da trasportare, comode da mettere in frigorifero e gustose al pari degli esemplari più grandi, i mini cocomeri sono la strategia ideale per riconquistare il cuore dei consumatori e le quote di mercato. (fonte: agrinotizie)

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