POLITI: PROPOSTA DI LEGGE PER REGOLARE I RAPPORTI GDO-AGRICOLTURA

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L’eccessiva concentrazione di quote di mercato in mano a pochi gruppi della Grande distribuzione organizzata sta causando restrizioni alla concorrenza, con effetti negativi sulla qualità dell’occupazione, sulla protezione ambientale e sul consumatore finale. A questa forte concentrazione di imprese si contrappone una frammentazione dell’offerta agricola.

Gli squilibri contrattuali, uniti all’ineguale potere negoziale, hanno ripercussioni sulla competitività delle imprese agricole che, spesso, sono costrette a operare con margini di profitto ridotti, il che ne limita la capacità e l’incentivazione a investire per migliorare la qualità del prodotto e innovare i processi di produzione.

Sono questi i presupposti su cui si fonda e si sviluppa la proposta di legge di iniziativa popolare per regolare i rapporti tra agricoltura e Gdo, presentata a Roma dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, nel corso di un convegno in cui sono stati affrontati i vari aspetti del problema.
       

“Obiettivo della nostra iniziativa – ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi – è quello di riequilibrare, migliorare e regolamentare questi rapporti. Oggi esistono diffusi e gravi problemi che penalizzano soprattutto il mondo agricolo: le pratiche contrattuali sleali come i pagamenti tardivi, le modifiche unilaterali dei contratti, il versamento di anticipi per accedere alle trattative, le restrizioni dell’accesso al mercato, l’assenza di informazioni sulla formazione dei prezzi e la distribuzione dei margini di profitto lungo la filiera alimentare, le vendite promozionali e sottocosto”.
     

Nelle transazioni commerciali tra agricoltori e imprese della Gdo, molti pagamenti – è stato evidenziato durante il convegno della Cia – sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto, se esistente, o stabilito nelle condizioni generali e nelle buone prassi che regolano gli scambi. Questi ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese agricole, compromettendo anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere a un finanziamento esterno a causa dei ritardi dei pagamenti. Il rischio aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile.
     

“Il processo di forte concentrazione delle catene della grande distribuzione, accompagnato dall’emergere di un numero molto esiguo di centrali d’acquisto e, dall’altro, dal permanere di una moltitudine di fornitori, costituiti da piccole e medie imprese, ha determinato – ha rilevato Politi – una situazione di profondo squilibrio nelle relazioni commerciali tra fornitori e distributori”.
       

La globalizzazione e i processi di concentrazione, soprattutto a livello di commercio al dettaglio, hanno condotto a una situazione di squilibrio tra i diversi soggetti operanti nella catena di distribuzione alimentare. La realtà odierna – è stato detto nel corso dell’incontro della Cia – è caratterizzata da una forte concentrazione delle imprese della distribuzione commerciale. Gli squilibri contrattuali e il diverso potere negoziale hanno ripercussioni negative sulla competitività della filiera alimentare, giacché operatori piccoli ma efficienti possono trovarsi costretti a operare con margini di profitto ridotti, il che ne limita la capacità e l’incentivazione a investire per migliorare la qualità del prodotto e innovare i processi di produzione.
       

“Da qui nasce la nostra iniziativa legislativa, che si svilupperà, fin dai prossimi giorni, con la raccolta di firme su tutto il territorio nazionale. Vogliamo – ha rimarcato il presidente della Cia – coinvolgere la società, i cittadini su una questione di grande importanza che non interessa soltanto gli agricoltori, ma anche i consumatori”
         

L’attuale situazione, d’altronde, è emblematica di uno scenario che vede proprio nell’agricoltore l’anello più debole della filiera agroalimentare. Nell’Ue la quota del valore aggiunto agricolo della filiera alimentare è scesa dal 31 per cento nel 1995 all’attuale 24 per cento. E i dati per i prossimi anni – è stato rilevato durante il convegno Cia – mostrano una nuova diminuzione dei guadagni degli agricoltori a fronte di un aumento costante dei margini dei trasformatori, dei commercianti all’ingrosso e dei dettaglianti, nonché degli operatori economici esterni alla filiera alimentare.
       

Non solo. Il reddito medio degli agricoltori europei è diminuito di oltre il 12 per cento nel 2009. In Italia il quadro è nettamente peggiore. Negli ultimi tre anni si è avuto un calo superiore al 25 per cento. Pertanto, le imprese agricole non traggono più un’entrata remunerativa dal loro lavoro e, ciononostante, proprio i produttori agricoli e il settore agroalimentare continuano a dover produrre alimenti nel rispetto di rigorosi standard qualitativi e a prezzi accessibili per i consumatori, in conformità con gli obiettivi stabiliti dalla Pac.
       

Negli ultimi anni – è stato ricordato nell’incontro Cia – la catena alimentare è stata al centro dell’attenzione delle istituzioni nazionali e comunitarie. In particolare, l’indagine conoscitiva sul settore della grande distribuzione organizzata, avviata dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (meglio nota come Antitrust), le raccomandazioni del Gruppo di alto livello sulla competitività dell’industria alimentare, le comunicazioni della Commissione Ue e del Parlamento europeo sul funzionamento della filiera alimentare in Europa hanno avanzato proposte di iniziativa legislativa. Da ultimo, la legge 11 novembre 2011 n. 180, “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”, delega il governo ad adottare entro il 2012 un decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2011/7/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
      

“Il malfunzionamento della catena alimentare – ha detto ancora Politi – può essere efficacemente affrontato mediante interventi legislativi che, tuttavia, non sono esaustivi: per questo puntiamo principalmente su tre aspetti: il primo è la trasparenza delle relazioni contrattuali e dei meccanismi di formazione dei prezzi; il secondo è il rafforzamento delle organizzazioni economiche degli agricoltori e degli strumenti di governo dell’offerta e di gestione dei rischi di mercato (aspetto non trattato nella proposta di legge); il terzo è un quadro normativo che permetta il funzionamento di accordi di autoregolamentazione volontari”.
      

“E’, comunque, nell’interesse di tutti migliorare i rapporti tra mondo produttivo agricolo e grande distribuzione. La Cia, sulla base di quanto è avvenuto, in molti paesi Ue, come per esempio in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, si è attivata da tempo -ha affermato il presidente Politi- per cercare di organizzare al meglio la filiera agroalimentare, rendere più trasparenti i meccanismi di formazione del prezzo, evitare speculazioni ed eccesso di posizione dominante”.
       

“I principi guida della nostra iniziativa riguardano la centralità del produttore agricolo e del consumatore, la libertà contrattuale, la correttezza nelle relazioni, la legalità e la responsabilità sociale; l’equa ripartizione del valore lungo l’intera filiera agroalimentare. Con la proposta di legge, insomma, vogliamo dare risposte serie e puntuali -ha concluso Politi- rafforzando il ruolo dell’agricoltura e venendo incontro alle nuove esigenze dei cittadini".
 

Obiettivi e finalità della proposta di legge di iniziativa popolare della Cia: 11 articoli per un rapporto regolato ed equilibrato tra Gdo e agricoltori
 
       

La proposta di legge di iniziativa popolare della Cia-Confederazione italiana agricoltori per regolare i rapporti tra agricoltura e Grande distribuzione organizzata si compone di 11 articoli.
       

L’ articolo 1 indica come finalità della proposta la fissazione di regole per le relazioni commerciali tra imprese agricole e Gdo allo scopo di assicurare il corretto funzionamento del mercato e favorire la competitività delle aziende; l’articolo 2 contiene le definizioni di prodotti agricoli deperibili oggetto della legge, inserendo nella lista redatta dal ministero delle Attività produttive anche gli oli extravergine di oliva; le definizione di Gdo secondo il D.Lgs. n.114/1998 e di imprenditore agricolo secondo l’articolo 2135 c.c.
      

Gli articoli 3 e 4 trattano il tema della trasparenza: in particolare con l’articolo 3 si prevede l’istituzione di una Commissione per la trasparenza con il compito di monitorare le pratiche commerciali e formulare raccomandazioni e proposte sulle questioni che riguardano i rapporti contrattuali tra agricoltori e imprese della grande distribuzione. La Commissione è composta da rappresentanti delle organizzazioni della filiera, dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole, dell’Atitrust. In caso di segnalazioni di ripetute violazioni delle norme, la Commissione si rivolge all’Autorità competente.
      

Con l’articolo 4 si insedia l’Osservatorio dei prezzi dei prodotti alimentari. L’Osservatorio è sia strumento di conoscenza dell’andamento dei prezzi lungo la catena alimentare, sia supporto alla Commissione per la trasparenza per la segnalazione di andamenti anomali dei prezzi.
       

Gli articoli dal 5 all’8 trattano dei contratti di vendita. In particolare, l’articolo 5 prevede l’obbligatorietà del contratto scritto nelle operazioni di vendita tra agricoltori e imprese della grande distribuzione. L’obbligo può discendere o da un accordo interprofessionale o, in assenza, da decisione congiunta dei ministeri delle Politiche agricole, agroalimentari e forestali e dello Sviluppo economico. Gli stessi ministeri, su proposta della Commissione per la trasparenza, definiscono la lista dei prodotti oggetto di contratto e lo schema di contratto tipo. Sempre l’articolo 5 stabilisce i contenuti dei contratti, che debbono essere adattati alle caratteristiche dei prodotti, la durata minima, da 1 a 5 anni, 3 per gli ortofrutticoli, e le sanzioni in caso di violazione dell’obbligo. È previsto, inoltre, che i contratti individuali debbano obbligatoriamente essere sostituiti da un contratto collettivo quando 2/3 dei produttori agricoli cedono con contratto individuale il proprio prodotto alla medesima impresa della distribuzione commerciale.
      

L’ articolo 6 stabilisce il divieto di abuso di dipendenza economica, secondo la legge n. 192/1998, e la nullità delle clausole inique inserite nei contratti di vendita. Il ministero dello Sviluppo economico redige il catalogo delle pratiche di mercato sleali che configurano abuso di dipendenza economica e delle clausole inique e ne prevede l’espresso divieto o nullità se inserite nei contratti; lo stesso ministero elabora codici di buone prassi commerciali per la filiera alimentare, comprendenti meccanismi di denuncia e sanzioni per le prassi sleali, al fine di riequilibrare le relazioni nella filiera alimentare.
       

L’ articolo 7 prevede che il contratto pluriennale stipulato tra organizzazioni di produttori agricoli e imprese della grande distribuzione sia assimilato a un contratto di rete con il quale più imprenditori stipulano un accordo obbligandosi, sulla base di un programma comune, a collaborare in forma predeterminata nell’esercizio delle rispettive attività d’impresa. Nella proposta di legge, infatti, il contratto non prevede solo un impegno di vendita/acquisto, ma si estende a funzioni d’impresa: caratteristiche qualitative, servizi, condizionamento e modalità di consegna, ecc. Alle imprese che sottoscrivono il contratto pluriennale si estendono, dunque, i vantaggi previsti per le reti d’impresa.
       

L’ articolo 8 regola la composizione delle controversie insorte nell’esecuzione dei contratti rinviando alle Commissioni arbitrali istituite presso le Camere di commercio. Riprendendo quanto previsto dalla legge n. 180/2011, l’articolo riconosce alle Associazioni di categoria degli imprenditori il diritto di proporre azioni in giudizio richiedendo al giudice competente di accertare se sussistano le condizioni di abuso di posizione dominante e se le clausole contrattuali o le prassi siano gravemente inique; di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate e per impedire il ricorso continuo a clausole contrattuali e prassi gravemente inique.
       

Gli articoli 9 e 10 trattano di due temi particolarmente delicati, le vendite sottocosto e le crisi temporanee di mercato. L’intento della proposta di legge è combinare l’intervento dello Stato con gli accordi di autoregolamentazione volontari: per realizzare l’obiettivo del miglior funzionamento del mercato, lo Stato interviene in assenza di accordo tra le parti.
      

L’ articolo 9 stabilisce, infatti, il divieto delle vendite sottocosto in assenza di un codice di autoregolamentazione delle stesse tra le organizzazioni delle imprese agricole e della grande distribuzione, peraltro previsto dal D.Lgs n. 114/1998. Anche per quanto riguarda i prezzi, l’articolo 10, mutuando una recente iniziativa del legislatore francese, stabilisce che, in presenza o in previsione di crisi congiunturale dei mercati o situazioni chiaramente anomale in un determinato settore, possono essere adottate misure temporanee di disciplina dei prezzi, della durata non superiore a tre mesi: la fissazione di un coefficiente moltiplicatore tra prezzi all’origine e prezzi di vendita al dettaglio dei prodotti agricoli; in alternativa, la stipula di un accordo che preveda misure di contenimento dei margini di distribuzione intesi come differenza, al netto delle imposte, dei prezzi all’origine e dei prezzi di vendita al dettaglio.
       

L’articolo 11 contiene la norma finanziaria con la quale si precisa che la legge non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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