QUASI 8 ITALIANI SU 10 CONSUMANO ORTAGGI IN BUSTA MA NON LI CONOSCONO BENE. ECCO I GAP DA COLMARE

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Il 78% degli italiani consuma ortaggi freschi in busta spesso o abitualmente (il 33% 2-3 volte al mese, il 45% tutte le settimane). Il 18% dichiara di acquistarli occasionalmente (1 volta al mese o meno) solo il 4% non lo fa mai. Il quadro che esce da un’indagine condotta in agosto da AstraRicerche per conto del Gruppo Prodotti Ortofrutticoli di IV Gamma di Unione Italia Food è decisamente positivo.

I giovani maschi (30-39enni) residenti nei grandi centri urbani sono il target più fedele a questi prodotti.
“I motivi dell’acquisto – spiega Simona Mastrantuono, market researcher di AstraRicerche – sono la comodità, sia a casa che fuori casa, ma anche la prevenzione degli sprechi. Inoltre una parte degli intervistati sottolinea come la IV gamma favorisca il consumo di frutta e verdura. Tra i più giovani (18-29 anni) viene sottolineata anche l’importanza di avere a disposizione ricette innovative”.
Tra le categorie più acquistate spiccano le insalate in busta, scelta dal 73% del campione, seguita dalle verdure pronte da cuocere (67%), dalle ciotole (36%), da zuppe e vellutate (30%) e dalla frutta lavata e tagliata (29%). “In particolare – commenta – insalate e verdure da cuocere sono più consumate nelle fasce più adulte della popolazione, mentre i giovani prediligono ciotole e zuppe”.
Su queste ultime si è focalizzata la ricerca ed è emerso che sono acquistate con una certa regolarità (almeno 2-3 volte al mese, se non ogni settimana) dal 41% del campione, una quota che sale negli uomini (57%) e nelle donne (55%) tra 30 e 39 anni. Tra i motivi della scelta di questa specifica categoria spiccano l’impego di materie prime di qualità, italiane e stagionali. Chi le acquista ne riconosce la velocità di preparazione, la comodità di utilizzo, il giusto e il sapore.
Un vissuto positivo, quindi, per le zuppe, come per tutta la IV gamma, anche se non mancano dei gap di conoscenza che vanno colmati, a partire dal termine stesso IV gamma. “Il 57% degli intervistati – sottolinea Mastrantuono – non ha mai sentito questa espressione, il 30% non ne conosce il significato. Solo il 14% lo conosce”. Sono poco note anche le corrette modalità di conservazione (solo il 37% mantiene la corretta catena del freddo dal momento dell’acquisto al consumo) e aspetti quali l’assenza di conservanti.
Alcuni di questi limiti emergono anche nel confronto tra I e IV gamma. “Nelle opinioni degli intervistati – aggiunge – la IV gamma batte il fresco tal quale sugli aspetti della prevenzione dello spreco, del migliore utilizzo risorsa idrica, e della sicurezza igienica. Il posizionamento della IV gamma è buono anche rispetto al gusto e al valore nutrizionale. Invece la prima gamma è ritenuta migliore sulla sicurezza da un punto di vista chimico, intesa come presenza di additivi o residui di diserbanti. Soprattutto tra i giovani è marcata questa convinzione”.


La ricerca ha sondato anche le conoscenze sugli imballaggi. Il 68% degli intervistati ritiene che la busta in plastica sia adatta alla conservazione del prodotto e facilmente smaltibile nella raccolta il differenziata (66%). Questa azione viene eseguita correttamente dal 76% del campione, anche grazie a un pack che riporta in maniera evidente sia le informazioni sul prodotto (61%) che le modalità di smaltimento (61%).
“Purtroppo però – sottolinea – ancora 1 acquirente su 7 sbaglia la modalità di smaltimento, un dato che cresce nei giovani uomini. Sempre tra i giovani vengono evidenziate alcune criticità, come l’eccessivo uso della plastica e il fatto che la verdura confezionata abbia sentore proprio di plastica. In generale ci siamo resi conto che la fascia più giovane, quella tra i 18 e i 29 anni tende a essere più critica sugli elementi negativi, mentre nelle valutazioni positive, risulta meno entusiasta della media. Svolgendo ricerche in numerosi settori del food, devo dire che questa tendenza si manifesta frequentemente, perché questa fascia età tende ad avere un giudizio negativo sui prodotti industriali, anche in altri comparti”.
E’ necessario lavorare come filiera per colmare questi gap di conoscenza, tanto più che riguardano prevalentemente i giovani. “Questi dati non mi stupiscono del tutto – ammette Mario Piccialuti, direttore generale di Unione Italiana Food nel commentare la ricerca – perché i giovani sono i più sensibili al tema della sostenibilità ambientale, ma sono anche quelli che hanno un accesso più rapido e immediato alle informazioni, anche se queste ultime non giungono sempre da fonti verificate e attendibili. Questo genera alcune convinzioni non corrette, come quelle emerse dalla ricerca”.
Secondo Piccialuti bisogna agire su tre livelli per colmare queste lacune. “Il primo livello – spiega – è l’attività informativa fatta da noi come associazione, attraverso la comunicazione istituzionale, i nostri siti internet, gli incontri con la stampa. Il secondo livello riguarda ogni singola azienda, che deve comunicare i valori della IV gamma con le proprie modalità e in coerenza con la comunicazione del brand. Il terzo livello è istituzionale. Serve il supporto dei tre Ministeri che hanno competenza sul food (Salute, Agricoltura, Sviluppo Economico), oltre a quello dell’Ambiente per fare cultura tra le future generazioni di consumatori”.

Elena Consonni

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