ORTOFRUTTA TRA I PRODOTTI PIÙ SPRECATI, MA LA IV GAMMA NON COMUNICA I SUOI PLUS

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Insalate, verdure e frutta fresca si confermano tra i cibi più sprecati. La IV Gamma, nei suoi molteplici formati a misura sia di single che di famiglie numerose, rappresenta un efficace elemento anti-spreco: potrebbe essere un interessante elemento da “spendere” anche in chiave di comunicazione ai consumatori, ma all’orizzonte, al momento non si vedono “promo” di alcun tipo. Ed è un peccato.

Perché abbattere le barriere di pregiudizio che ancora esistono – mostrando l’efficienza dei processi produttivi, l’attenzione alla selezione delle materie prime, la pulizia che domina negli stabilimenti di lavorazione – potrebbe indurre molti consumatori a scegliere un prodotto confezionato, lavato, pronto al consumo, in buste dalle diverse grammature, di buona qualità, di cui non si butta via niente. E non è poco, in un periodo storico nel quale l‘attenzione agli sprechi è alta e destinata ad aumentare sensibilmente anche in Italia, coinvolgendo non solo i privati ma pure istituzioni e pubblici esercizi, con FIpe-Confcommercio che, ad esempio, sta elaborando iniziative ad hoc.

Tornando ai dati, quelli presentati nei giorni scorsi a Roma dell’annuale Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024, “Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall’analisi all’azione”, curata dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos parlano chiaro: nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia è aumentato facendo registrare una crescita del 45,6%: ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Nella “top five” dei cibi più sprecati ci sono, appunto, frutta fresca (27,1 grammi), verdure (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g).

Tra le cause che hanno determinato l’aumento dello sperpero alimentare nel nostro Paese, lo studio evidenzia alcuni elementi critici indipendenti dal comportamento dei singoli, ma individuabili proprio nella scarsa qualità dei prodotti acquistati. Il 42% delle risposte individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora il 37% sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimenticano gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino, solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali, inoltre il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli.

“In Italia l’incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante” ha spiegato Andrea Segrè direttore scientifico Waste Watcher International – Campagna Spreco Zero, Università di Bologna. “Non solo per l’aumento percentuale rispetto all’analoga rilevazione di WWI del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, come un abbassamento della qualità dei prodotti acquistati. Gli italiani hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull’educazione alimentare. L’Italia può beneficiare delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre”.

“Come ogni anno – ha commentato il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino – il rapporto dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher offre una serie di spunti molto interessanti per migliorare la sostenibilità del sistema agroalimentare, a partire dal contrasto allo spreco alimentare. In particolare, dal confronto con i Paesi del G7 emerge chiaramente l’importanza delle politiche pubbliche a sostegno di campagne informative. Mentre, per l’Italia, emerge ulteriormente la necessità di promuovere l’educazione alimentare nelle scuole, affinché le famiglie possano apprezzare il valore di un’alimentazione sana e sostenibile basata su prodotti alimentari di qualità. In questo percorso virtuoso, l’industria alimentare italiana continuerà a fare la sua parte”.

“Lo studio presentato fornisce dati e informazioni utili a individuare margini di miglioramento e possibili attività da sviluppare per ridurre sensibilmente lo spreco alimentare”, ha spiegato Simona Fontana, direttore generale CONAI. “In tutti i Paesi, del resto, sembra chiara una forte consapevolezza della necessità di adottare comportamenti virtuosi che possono avere ricadute concrete ed efficaci. Cultura, comportamento e stile di vita dei consumatori sono fattori che influenzano lo spreco alimentare: è su questi che bisogna agire, attraverso misure che possano far leva sull’educazione e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Ma anche le imprese italiane stanno facendo molto: continuano a lavorare per proporre soluzioni di imballaggio che garantiscono il miglior equilibrio tra funzione e impatto ambientale, garantendo al prodotto una maggiore shelf life e proponendo soluzioni di pack meno impattanti sull’ambiente”.

“In anni di inflazione alimentare e contrazione dei consumi – ha sottolineato Matteo Vittuari, Università di Bologna, Coordinatore del report internazionale WW – i Paesi del G7 hanno mostrato crescente attenzione verso lo spreco alimentare anche dalla parte delle politiche pubbliche declinate soprattutto nella forma di campagne informative. Le rilevazioni dell’Osservatorio Waste Watcher International ci suggeriscono che tra le principali iniziative messe in campo a livello individuale quelle più diffuse sono relative ad aspetti motivazionali, grazie a un aumento della consapevolezza, e organizzative come la maggior attenzione alla pianificazione degli acquisti, alla gestione dei prodotti freschi e al consumo del cibo prossimo alla data di scadenza. Anche chi ha tradizionalmente messo in atto campagne informative molto strutturate come il Regno Unito continua a investire nella diffusione di pratiche base come la preparazione della lista della spesa”.

Mirko Aldinucci

mirko.aldinucci@freshcutnews.it

(fonte: Freshcutnews)

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