OP AGER CAMPANUS: NUOVI PROGETTI E PIÙ BIO PER VALORIZZARE LE TIPICITÀ

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Dopo le ultime due campagne un po’ sofferte a causa del maltempo, per l’OP Ager Campanus si può parlare di stagione migliore delle precedenti. I 40 produttori dell’organizzazione operano nella provincia di Caserta tra i comuni di Capua, Sessa Aurunca e Caianiello, nella cosiddetta Campania Felix.

I numeri parlano di una realtà in salute: 600 ettari di terreni coltivati per una produzione fino a 25mila tonnellate tra frutta (70%) e ortaggi (30%) distribuiti sul mercato nazionale e in Europa, Germania e Paesi scandinavi in primis. Si punta molto sui prodotti tipici del territorio, ma solo uno è certificato. Secondo il presidente dell’Op, Pasqualesilvio Caprio, è difficile costituire un Consorzio di tutela.

– Promuovete le varietà pregiate della vostra regione poiché ritenete che facciano parte di un patrimonio culturale prezioso. Come mai l’unico prodotto certificato al momento è la mela Annurca Igp?
“Sono sicuro – risponde Caprio – che la certificazione costituisca un importante valore aggiunto e qui ci sarebbero tantissimi prodotti da certificare come Dop e Igp, in particolare le pesche, ma non è possibile: i produttori non riescono ad unirsi per formare un Consorzio. È un problema di aggregazione. Intanto siamo in fase di ridimensionamento dell’intensivo per salvaguardare la biodiversità del territorio. Stiamo praticando la lotta integrata e per il biologico in molte realtà stiamo terminando la conversione. Insomma siamo in trasformazione”.

– Quest’anno le prospettive di mercato sono migliori, considerato che dalla Spagna non arriva un granché…
“Premesso che la qualità dei nostri prodotti è ottima, l’andamento negativo della Spagna a causa delle gelate che hanno colpito le produzioni di quel Paese non può che essere un vantaggio per il nostro mercato. E forse riusciremo, almeno in parte, a compensare il disastroso aumento dei costi a cui dobbiamo far fronte: percentuali vertiginose sui rincari dei concimi, dei carburanti, un po’ meno per gli imballaggi”.

– Avete anche voi problemi di reperimento di manodopera?
“Rispetto ad altre realtà ci salva il fatto che le nostre aziende vengono da famiglie molto radicate nel territorio e siamo riusciti a creare il nostro team, se così si può dire. Ce la caviamo sia con le famiglie dei produttori, sia con operai di diverse etnie che lavorando con noi hanno potuto prendere il permesso di soggiorno. È riduttivo dire che il problema della mancanza di manodopera sia dovuto al reddito di cittadinanza. Credo che occorra dare maggiori incentivi a chi lavora nei campi e individuare un nuovo modello per le imprese per quanto riguarda l’assunzione degli operai”.

Progetti?
“Stiamo lavorando a un sistema di tracciabilità innovativo e a una piattaforma, una sorta di mercato digitale, dove le aziende potranno essere visibili e contattate per la vendita dei loro prodotti”.

Daniela Utili

da Corriere Ortofrutticolo 5/2022

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