“La quantificazione dell’impatto di ogni singolo processo aziendale sul cambiamento climatico è lo step fondamentale da cui partire: per questo abbiamo dato a una società specializzata l’incarico di realizzare un modello progettato ad hoc per Cultiva, in grado di misurare esattamente quanta CO2 emette in atmosfera ogni nostro singolo prodotto durante tutto il suo ciclo di vita, in modo da individuare dove poter agire per ridurre o, idealmente, azzerare il suo impatto”.
Così Federico Boscolo (nella foto), A.D. Cultiva, spiega in sintesi il nuovo importante progetto della storica società di Taglio di Po.
CN5, acronimo che sta per Carbon Neutral 5 anni, si inserisce nel programma di sostenibilità circolare che
caratterizza l’operato dell’azienda che convoglia una buona parte degli investimenti in progetti di innovazione finalizzati a uno sviluppo in ottica green.
Un modello dedicato creato ad hoc, tramite il calcolo dell’LCA (Life Cycle Assessment ovvero l’analisi del ciclo di vita), quantificherà la carbon footprint secondo un approccio from cradle to grave, dall’inizio alla fine, espressione che per Cultiva significa dal seme allo smaltimento della busta. Si andranno quindi a sondare tutte le fasi del processo produttivo, dal campo al confezionamento in magazzino, fino ad arrivare al packaging (considerando una corretta gestione del suo smaltimento dopo l’uso da parte del consumatore, come raccomandato sui pack). Sarà quindi possibile implementare azioni virtuose per contenere le emissioni, fino al potenziale raggiungimento del desiderata zero.
Le categorie di prodotto incluse nella misurazione sono: baby leaf, cespi, verdure da cuocere e basi per
arricchire.
“Stiamo parlando con i massimi esperti di cambiamento climatico al mondo e abbiamo il progetto di una
radicale revisione della filiera, perché siamo consapevoli che dobbiamo fare qualcosa per salvaguardare il
nostro Pianeta e dobbiamo farlo subito – conclude Federico Boscolo –. Desideriamo, oggi come già successo in passato, stabilire nuovi standard e per fare ciò vogliamo lavorare in partnership con i retailer, in Italia come all’estero, che hanno sposato da tempo tutti questi valori, per creare una filiera virtuosa fino a raggiungere il consumatore finale. Lo abbiamo fatto a fine anni Novanta definendo standard di sicurezza alimentare di stampo anglosassone, quando la parola traceability era pressoché sconosciuta, e lo vogliamo replicare ora raggiungendo nuovi traguardi in termini di vera sostenibilità verso cui la filiera deve puntare”.